La povertà è fattore ereditario. Secondo le Caritas delle 10 diocesi lombarde ormai si tramanda da genitori a figli, non c’è più il salto di classe sociale. Quante probabilità esistono per i minori cresciuti in un contesto di povertà di accedere, una volta adulti, a una vita migliore e quanto è forte il rischio di rimanere intrappolati in percorsi di fragilità e deprivazione?
Parte da questi interrogativi, cruciali per la vita del Paese, il Rapporto “Pavimenti appiccicosi". Chiarissimo un primo dato complessivo: se si nasce poveri, è difficilissimo venirne fuori. Infatti, i casi di povertà ereditaria pesano, nel campione, per il 59,3% del totale.
Il che vuol dire che sei persone su dieci risultano vivere una condizione di precarietà economica in continuità con la propria famiglia di origine, mentre i poveri “di prima generazione”, sono il 40,7%. Tre le dimensioni - la scarsa istruzione, il lavoro che peggiora, la maggiore indigenza -prese specificamente in esame per valutare la condizione di trasmissione intergenerazionale delle fragilità, che richiama i cosiddetti sticky grounds, i “pavimenti appiccicosi” della letteratura sociologica.
Chiara l’evidenza della stretta correlazione tra povertà e bassa scolarità, che risulta condizionare pesantemente i percorsi di vita degli intervistati, sia perché ne ha limitato l’accesso al mondo del lavoro, sia perché ha impedito loro di dotarsi degli strumenti per orientarsi nella complessità contemporanea. Non a caso, il Rapporto sottolinea che «per spezzare la catena della povertà intergenerazionale, i soli aiuti materiali non paiono risolutivi, se non affiancati da accompagnamenti a lungo termine basati su relazioni di fiducia e dall'inserimento attivo delle persone in povertà nelle rispettive comunità». Per non trasformare un’eredità già pesante in un sorte immutabile.
(Sintesi redatta da: Nardinocchi Guido)