L'economista Enzo Cipolletta, ha sottolineato di recente che la riforma Fornero è stata necessaria per frenare la crescita della spesa per pensioni troppo alta rispetto al Pil. Con quella riforma "si è chiesto alla gente di restare al lavoro ancora per qualche anno, tenuto anche conto dell'aumento dell'aspettativa di vita che... incide sui conti della previdenza... per evitare nel futuro nuovi interventi penalizzanti per i pensionati ...". Quattro osservazioni possono confutare tale tesi:
1) la speranza di vita che conta non è quella alla nascita, ma quella a 65 anni e quest'ultima è aumentata molto meno: di circa 3 anni negli ultimi 20 anni; e ha rallentato parecchio di recente;
2) l'età media effettiva di pensionamento è salita di 5 anni negli ultimi 20 anni (da 57,5 a 62,5), e di oltre 7 anni dal 1990. A ciò si aggiunge il progressivo esaurirsi della vecchia legislazione sui pensionamenti anticipati (vari);
3) la longevità è fortemente correlata al reddito e all'istruzione. Perciò solo gli istruiti e i ricchi godono degli "effetti positivi " della longevità mentre le conseguenze sono sopportate da tutti. Chi è meno abbiente e ha studiato meno lavora molto presto(per necessità) e tende ad andare in pensione prima (con un basso livello di reddito e salute precaria);
4) in un periodo di alta disoccupazione (giovanile) l'abbassamento dell'età pensionabile è meno costoso (perché sostituisce i sussidi collegati alla mancanza di lavoro), e favorisce la produttività certamente superiore dei giovani.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)