Il cohousing porta a riflettere sul concetto dell’abitare inclusivo, individuando le forme abitative più giuste rispetto ad una singola situazione.
Una visione che si incrocia anche con la necessità di ambienti di vita sicuri, reti sociali vitali e uno sviluppo sostenibile inclusivo.
A fronte di ciò, il cohousing si pone una sfida: trovare modalità efficaci per aiutare le persone a organizzarsi concretamente e a prendere decisioni insieme. Attraverso i piccoli e quotidiani gesti della convivenza, si pone come uno degli strumenti più efficaci per combattere i fenomeni di discriminazione della società.
Tra le questioni che trovano risposte nuove nelle esperienze di cohousing sono la solitudine degli anziani e la fatica dei giovani nel trovare soluzioni abitative sostenibili.
In particolare, le esperienze di coabitazione intergenerazionali, in cui giovani e anziani condividono spazi e tempi, dimostrano la forza di una visione che si basa sul mutuo aiuto e sulla valorizzazione delle risorse di ciascuno. In queste esperienze, ad esempio, giovani famiglie possono contare sull’aiuto dei più anziani per conciliare tempi di lavoro e cura dei bambini. Oppure gli anziani possono garantire ai giovani studenti fuori sede un posto sicuro e dignitoso in cui vivere, ricevendo in cambio un aiuto nei piccoli compiti quotidiani, per i quali non sono più autosufficienti.
Il valore aggiunto di questa scelta abitativa è il capitale sociale, ovvero tutti quegli aspetti della vita sociale che mettono i partecipanti nella condizione di agire insieme in modo più efficace, raggiungendo così obiettivi comuni.
Tra le esperienze attive in Italia troviamo dal 2011 il progetto Villaggio Solidale di Mirano (VE), che ospita persone in temporanea difficoltà: anziani, mamme sole con figli, fuori sede, persone con disagi psico/fisici.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)