In Spagna si è aperto un dibattito sulla riforma delle residenze per anziani sulla base del modello dei paesi del Nord Europa.
Pablo Iglesias, vicepresidente del Ministero dei diritti sociali, auspica che, terminata l’emergenza coronavirus, si possa – su tali basi – rivedere lo schema attuale.
Mayte Sancho, psicologa ed esperta in geriatria, e il direttore di inforesidencia.com, Josep de Martì, che hanno analizzato il welfare di Svezia e Danimarca, e sono giunti alla conclusione che, per raggiungere quei parametri, bisognerebbe procedere ad un radicale cambio di passo.
Cominciando dall’ammontare del denaro che lo stato destina a ciascun posto letto, decisamente inferiore nella penisola iberica, e passando per una riconversione dei moduli abitativi stessi, che dovrebbero essere riconvertiti in “luoghi di convivenza”.
Il modello nordico
Secondo la dottoressa Sancho il modello nordico si è perfezionato con il passare del tempo. I paesi scandinavi hanno una tradizione di welfare che risale agli anni ’70 e già a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, hanno iniziato trasformare le grandi soluzioni abitative in residenze più piccole, difendendo il diritto degli individui anziani a vivere non già in una struttura asettica, ma in una vera e propria abitazione.
In questi paesi, infatti, attualmente i centri residenziali per anziani sono composti da moduli abitativi di meno di 20 persone ed hanno caratteristiche architettoniche molto particolari. Un’ambientazione di tipo “domestico” con spazi comuni dove mangiare e incontrarsi, cui si aggiungono abitazioni individuali di circa 30 metri quadrati. Si pone inoltra molta attenzione affinché lo spazio individuale corrisponda ai desideri dell’ospite.
Eventuali adattamenti possono riguardare il bagno e la camera da letto.
Metodo di lavoro
Un altro aspetto importante è quello del personale.
Lavorare con numeri bassi permette di applicare criteri di autonomia e personalizzazione.
Gli operatori non sono a rotazione, ma fissi, e questo permette di instaurare un rapporto empatico ed emotivo con i residenti.
Investire nel lavoro significa anche avere un personale qualificato e un alto tasso di occupazione.
Molto spesso in Svezia e Danimarca il rapporto operatore/paziente è di uno a uno.”Al contrario – afferma De Martì – In Spagna un lavoratore a tempi pieno si occupa di 2 residenti”.
Inoltre, prosegue, “Spesso si tratta di infermieri con scarse competenze mediche. Al punto che l’assistenza sanitaria viene praticata in strutture esterne, cliniche o ospedali.
Chi paga?
Determinante nei paesi del nord Europa è il grande investimento realizzato per questi servizi. Secondo inforesidencias.com, in Svezia un posto letto può arrivare a costare tra i 120 e i 200 euro al giorno, contro i 60 pagati in Spagna. Il problema, riconosce De Martì, è che “In Spagna abbiamo adottato un modello di tipo economico basato sul risparmio”. Infatti, un operatore in casa di cura guadagna mediamente 1,000 euro, al di sotto di una corretta retribuzione che ne prevede almeno 1.500.
Ma chi dovrebbe pagare in realtà?
Nel modello nordico i costi vengono divisi in tre settori. L’affitto della residenza, che è a carico dell’anziano; il pacchetto di cure, finanziato quasi interamente dallo stato; i servizi medici esterni, che in alcuni paesi del Nord Europa devono essere pagati a parte, mentre in paesi come la Spagna sono gratuiti.
Ma questo onere da parte dello stato può essere assicurato solo tramite un forte gettito fiscale e una solida struttura democratica. Patrimonio, appunto, di quei Paesi.
Spesso accanto all’iniziativa statale convive l’iniziativa privata finanziata dal pubblico.
In Svezia è nato un modello che si chiama Libera scelta (fritt vårdval), che permette l’accesso a qualsiasi centro di cura che abbia siglato un accordo con l’amministrazione pubblica. Un sistema che rientra nell’ambito della Legge sulla libera scelta del 31 dicembre 2008, in conseguenza della quale l’85% dei servizi sociali svedesi sono gestiti dal governo.
Al contrario in Spagna più del 70% delle residenze per anziani sono in mano ai privati.
Tuttavia il cambio tanto auspicato è ancora molto al di là dal venire. Mentre Iglesias annuncia la creazione di un nuovo modello per gli anziani anziani, il governo spagnolo rende noto che non destinerà più ai Servizi Sociali i 1.000 milioni di euro promessi, che avrebbero dovuto far parte del fondo straordinario non rimborsabile destinato alle comunità autonome.
(Fonte: 65 y Más)