Moltissime persone muoiono nell’anonimato. Sono senzatetto, persone prive di documenti, vittime di reati, bambini abbandonati, anziani soli. Tempo fa, il poeta olandese Bart FM Droog lanciò nella città di Groningen (Olanda) l’iniziativa «Lonely Funerals» poi diventata «Lonely Funerals Project». I «Funerali solitari» raccolgono intorno alla bara un funzionario designato e un poeta. Quest’ultimo, prima fa ricerche approfondite sul defunto - a volte raccoglie soltanto un breve rapporto della polizia o caratteristiche fisiche e altri piccoli dettagli forniti dai vicini - quindi scrive una breve poesia che ricordi la loro esistenza o solo uno di quei piccoli dettagli. A volte senza neppure poter dare un nome e un cognome alla salma. Come in questa poesia: «Addio signore, senza documenti, senza identità. Cosa stavi cercando? Quanto hai perso lungo la strada?».
L’iniziativa di Droog è diventata una tradizione diffusa in quasi tutte le città olandesi e persino in alcune zone del Belgio. Ad Amsterdam, dove ogni anno muoiono una dozzina di persone sole o anonime, è stata ripresa dall’artista e poeta Frank Starik, morto a sua volta tre anni fa, e dall’ex dipendente del Dipartimento dei Funerali di Amsterdam, Ger Fritz. Quindi il poeta fiammingo Maarten Inghels ha portato il progetto ad Anversa. Nelle due città finora sono stati organizzati centinaia di «funerali solitari». C’è anche un concorso annuale per la più bella poesia ed è stato pubblicato un libro, The Lonely Funeral, sorta di Spoon River in versi e prosa di 31 vite «dimenticate» dell’esperienza personale degli scrittori.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)