La Svizzera, con un rapporto di 494,9 casi ogni 100 mila abitanti, sta per essere travolta dal picco della pandemia. Tra i rimedi messi in atto c'è il documento elaborato dall'Accademia Svizzera delle Scienze Mediche e dalla Società Svizzera di Medicina Intensiva, in vigore dal 20 marzo, anche se ufficialmente non è stato ancora adottato.
Il titolo è: «Triage dei trattamenti di medicina intensiva in caso di scarsità di risorse».
Mentre in tutti gli ospedali del mondo ci si chiede a chi si debba negare il diritto ad accedere alla rianimazione, la Svizzera scrive «Al livello B, indisponibilità di letti in terapia intensiva, non andrebbe fatta alcuna rianimazione cardiopolmonare».
I pazienti che non potranno accedere alla Terapia Intensiva sono quelli con: «Età superiore a 85 anni. Età superiore a 75 anni accompagnata da almeno uno dei seguenti criteri: cirrosi epatica, insufficienza renale cronica stadio III, insufficienza cardiaca di classe NYHA superiore a 1 e sopravvivenza stimata a meno di 24 mesi». Inoltre, a livello A, i letti in Terapia Intensiva disponibili i criteri per non essere ammessi alla rianimazione diventano più gravi.
Tra gli altri: «Arresto cardiocircolatorio ricorrente, malattia oncologica con aspettativa di vita inferiore a 12 mesi, demenza grave, insufficienza cardiaca di classe NYHA IV, malattia degenerativa allo stadio finale».
Quindi a decidere se alcune categorie di persone potranno accedere alle cure sarà il numero di letti ospedalieri. Una direttiva molto controversa. anche se presa per contenere il più possibile il numero di malati gravi e morti e che suscita molte polemiche.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)