Per Marco Trabucchi, intervistato da Pietro Segreto, l’ageismo è quell’atteggiamento sociale, che si riflette anche in ambito clinico, per cui non si ritiene che la persona anziana sia meritoria, di un trattamento simile a quello che si darebbe a un adulto o a un giovane. L’attenzione all’ageismo fa parte di una cultura e di una sensibilità che stiamo acquisendo da poco tempo, perché in passato non si dava attenzione a questo fatto, si reputava anche naturale che all’anziano non servisse garantire più servizi, più attenzione, più disponibilità economiche e di tempo. Adesso le cose stanno cambiando, sebbene in alcuni momenti questo fenomeno ritorni. L’ultima volta è stata nel tempo della pandemia, relativamente ai posti nelle terapie intensive.
Negli ultimi anni, afferma, c’è stata una notevole maturazione, anche in ambito clinico. Oggi la persona viene osservata, studiata e "modificata" dagli interventi sanitari in base alla realtà qui e ora della sua condizione, senza far pesare l’età come limite dell’intervento. L’ageismo, sostiene il noto geriatra, non è mai dichiarato, di solito è un atteggiamento di fondo, serpeggiante, non sempre così facilmente individuabile e contrastabile. Per fare un esempio, è l’atteggiamento di chi, pensando a possibili finanziamenti, riconosce di avere pochi soldi e preferisce investirli sui giovani, anziché sugli anziani. Come dire, meglio l'High Tech dell’assistenza domiciliare. Ci sono pochi soldi e non li si dedica alle RSA, perché non c’è - sbagliando! - interesse politico e civile a finanziarle.
Per combattere il fenomeno, spiega Trabucchi, si dovrebbe partire dal concetto di dignità della persona, che non dipende dalle sue condizioni economiche, di salute, di età, religione e provenienza. Tutti i cittadini sono uguali e tutti hanno diritto di ricevere i servizi che servono al loro benessere e servono in maniera proporzionata al bisogno, senza sprechi.
Va fatta una precisazione: il concetto di spreco è diverso da quello di ageismo. È sprecato in un anziano fare un intervento chirurgico costoso se questo non migliora la sua condizione, se non gli permette di aumentare la speranza di vita. Un altro punto su cui si potrebbe prestare più attenzione è la formazione degli operatori. Convincere gli infermieri e gli OSSin formazione, che l’anziano ha gli stessi diritti degli altri e che l’intervento va parametrato sulla sua capacità di giovarsene. Basterebbe, conclude, avere dei professori consci di questo e capaci di trasmettere questa convinzione ai giovani.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)