E’ la demenza l’emergenza sanitaria del XXI secolo. Con quasi 50 milioni di malati nel mondo, secondo il Rapporto mondiale 2015 diffuso dalla Federazione Alzheimer Italia in occasione della 22° giornata dell’Alzheimer che si terrà il 21 settembre. L’Italia (seconda solo al Giappone per longevità) è tra i paesi più esposti e conta ad oggi un milione 241mila casi. Considerata la durata media della vita delle persone malate e il loro numero, nell’arco di un ventennio una famiglia su quattro potrebbe avere un caso di questa malattia. Negli ultimi 5 anni i costi economici e sociali sono aumentati, anche perché recenti studi rilevano che nel 50% dei casi un familiare lascia il lavoro per assistere il parente malato (in genere over 65, comunque dagli 85 anni l’incidenza aumento del 50%). I maggiori ostacoli alla prevenzione e al trattamento dell’Alzheimer derivano dalla mancanza di tecniche per la diagnosi nelle fasi iniziali: il processo della malattia inizia infatti oltre un decennio prima della comparsa dei sintomi clinici. Come dice il neurologo Sandro Sorbi, docente all’università di Firenze “la possibilità che i farmaci siano efficaci si basa molto sulla possibilità di iniziare a prenderli in fase presintomatica”. Servono quindi anche i soldi per la ricerca, oltre che i finanziamenti pubblici per il Piano nazionale demenze a sostegno dei malati e delle loro famiglie. “Se riuscissimo a far in modo di ritardare l’evidenza clinica della malattia di 5 anni, potremmo arrivare ad abbattere il numero dei malati con sintomi conclamati fino al 50%”, conclude Sorbi che con altri colleghi, per questo scopo, ha dato vita all’Associazione Italiana per la ricerca sull’Alzheimer (Aira).
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)