Oggi su Nature esce un lavoro che potrebbe scuotere il mondo delle malattie degenerative e rimettere tutto in discussione (o forse no). Viene dal gruppo di John Collinge, un neurologo di Londra, notissimo anche perché a volte le sue interpretazioni dei fatti della scienza si spingono un poco al di là dei dati. I neurologi hanno studiato il cervello di otto persone ancora giovani morte di malattia da prioni per aver ricevuto preparazioni di ormone della crescita infette, somministrate intorno alla metà degli anni 80 (circa 30.000 persone trattate, soprattutto bambini). Allora l’ormone si otteneva dall’ipofisi. Qualcuno di questi preparati era contaminato da prioni e così circa il 6% dei bambini trattati si è ammalato di Creutzfeldt-Jakob, (il periodo di incubazione arriva fino ai 40 anni). Gli scienziati di Londra al momento dell’autopsia di quelle otto persone morte di Creutzfeldt-Jakob, hanno trovato nel cervello oltre agli accumuli di prioni anche delle beta-amiloide, anche se nessuno di loro aveva le alterazioni dei geni che si associano all’Alzheimer. Lo studio viene mandato a Nature che, dopo molte perplessità lo pubblica. I revisori suggeriscono infatti di scrivere esplicitamente nelle conclusioni «non c’è alcuna evidenza che la malattia di Alzheimer sia contagiosa e che ci si possa ammalare con le trasfusioni o con strumenti chirurgici contaminati». Ma è importante che queste ricerche vadano avanti, nella speranza di capire perché ci si ammala di Alzheimer. La demenza senile è la terza causa di disabilità in Italia, dove viviamo sempre più a lungo (da uno studio pubblicato sul Lancet ultimamente) ma sempre più malati.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)