Il tema del lavoro dopo la pensione e quella del prolungamento dell’età lavorativa è delicato e carico di valenze psicologiche, sociali e anche politiche. Già rispetto al prolungamento dell’età pensionabile a 67 anni deve portare a considerare sia gli aspetti riguardanti la sostenibilità economica del sistema pensionistico sia le condizioni vitali di una persona ultra sessantacinquenne. Il passare degli anni non induce un appiattimento generalizzato verso il basso, al contrario, è un fattore che aumenta la differenziazione tra gli individui. Esemplificativa, al riguardo, una recente indagine pubblicata su una rivista geriatrica inglese che ha monitorato per 6 anni una popolazione tra i 65 e i 74 anni per gli uomini e tra i 60 e i 69 per le donne, al fine di analizzarne la qualità della vita dopo aver deciso di lavorare oltre l’età di pensionamento. Coloro che sono stati spinti a questa scelta da motivazioni positive, ad esempio l'interesse verso il lavoro svolto, mostrano un rilevante miglioramento nel tempo della qualità della propria vita, mentre coloro che sono costretti a lavorare a causa di condizioni economiche disagiate presentano un peggioramento. Le future decisioni che dovessero contemplare un ulteriore innalzamento dell’età pensionabile, devono tener conto non solo del problema dei lavori usuranti, ma anche valutare lo stato psicologico del lavoratore. Sarebbe auspicabile che qualsiasi decisone venga presa sull'età del pensionamento abbia prima esaminato tutte le possibili fonti di dati.
(Fonte: tratto dall'articolo)