La medicina difensiva può creare potenziali fratture sociali da non sottovalutare.
L’idea di isolare le persone anziane, dai 70 anni in su, significa privarle dei contatti sociali attraverso il contenimento in spazi non frequentati da altri.
Cosa ben diversa è proteggerli attraverso la fornitura di mascherine FFp2, controllo diagnostico frequente di chi entra in contatto con loro, creazione di fasce orarie protette per determinate attività.
Analizzando i fattori di rischio ci accorgiamo che i morti per Covid-19 con più di 70 anni, dagli ultimi dati Iss, sono circa l’85 per cento; coloro che avevano una condizione clinica preesistente, sullo stesso campione, risultano oltre il 96 per cento. A questo punto, una condizione clinica pre-esistente costituisce su questo campione un fattore di rischio maggiore dell’essere ultrasettantenne. Per coerenza, quindi, dovremmo “isolare selettivamente” coloro che hanno una qualunque delle patologie che aumentano il rischio di morte per Covid-19, se ragioniamo in termini di “medicina difensiva”. Ad esempio gli obesi hanno un rischio di morte per Covid-19 che va dal 40 al 90 per cento in più, e considerando che l’obesità incide in Italia massimamente tra i 55 e i 75 anni, dovremmo isolare questa fascia di età, ragionando sempre con il criterio di “proteggere dal rischio”.
E andrebbero tutelati maggiormente gli uomini rispetto alle donne visto che il sesso rappresenta un fattore importante nel rischio di sintomatologia più grave e di morte per Covid-19 riducendo la società ad una serie di scatole in “isolamento selettivo”. Molto meglio, invece, la riduzione strategica dei contatti per tutti (bolla sociale), il tracciamento, l’isolamento dei positivi, la creazione di zone rosse.
(Sintesi redatta da: Miuccio Angela)