La figura dell’assistente sociale è legata alle CP da sempre: il primo hospice in Italia risale al 1987, nel 1999 le CP sono inserite nel SSN con il conseguente sviluppo di servizi domiciliari e residenziali, la definizione della rete dei servizi e delle figure professionali che devono comporre l’equipe, tra cui l’assistente sociale, l’inserimento dei Lea. Ma quali sono gli strumenti specifici dell’AS?
Anzitutto la valutazione sociale, ossia l’analisi degli elementi che riguardano la situazione della persona nella sua globalità per valutare l’eventuale assistenza familiare. Conseguentemente l’AS fornisce una consulenza sulle misure di previdenza sociale, sulle forme di tutela giuridica, sulla rete dei servizi territoriali e di terzo settore che possono potenziare l’assistenza domiciliare.
Altra prerogativa della metodologia di intervento è il lavoro di rete, la creazione di sinergie tra le varie risorse per promuovere il benessere della persona. Il tutto per permettere a quest’ultima e ai suoi familiari, un approccio diverso col fine vita: secondo lo stereotipo collettivo l’hospice è il luogo nel quale si va a morire. In realtà, in alcuni casi la dimissione presso un altro setting di cura è possibile.
Una volta stabilizzati terapie e dolore, il paziente infatti può rientrare al proprio domicilio adeguatamente riorganizzato per fornire l’assistenza necessaria, o entra in una Rsa se anziano, qualora il peso dell’assistenza sia molto gravoso per i familiari.Tra le sfide professionali ancora aperte c’è sicuramente la possibilità per l’AS di sensibilizzare i medici ospedalieri sull’importanza dell’attivazione precoce di cure palliative dalla dimissione.
In tal modo si eviterebbero successivi accessi impropri al Pronto Soccorso e favorendo l’accompagnamento del malato cronico nel fine vita. Nel 2020 la ricerca Le cure palliative in Italia, promossa da Vidas e Cergas, evidenzia che ogni anno in Italia solo un apersona su quattro, che evrebbe necessità delle CP riesce ad ottenerle.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)