In Italia l’indice di dipendenza degli anziani nel 2019 è salito a 35,7%, il valore più elevato in Europa (nella media Ue è pari a 30,5%) e il secondo al mondo dopo quello del Giappone (46%). L’indice, calcolato come rapporto tra popolazione anziana e popolazione in età attiva (15-64) segnala nel caso dell’Italia che ogni tre persone di età 15-64 potenzialmente attive nel mercato del lavoro (in qualità di occupati o di persone in cerca di lavoro) ve n’è una considerata inattiva perché ha un’età superiore ai 65 anni.
Mancanza di competenze legate alle nuove tecnologie e digitali (32%), difficoltà a integrarsi con le modalità di lavoro delle nuove generazioni (27%) o a riportare a manager anagraficamente più giovani (26%), insieme a ragioni legate all’abilità fisica e alla salute (25%) sono tra le barriere principali per i responsabili delle risorse umane quando si tratta di assumere un professionista senior. I dati emergono da un’indagine condotta da Indeed su 1.000 specialisti del reclutamento. Benché per la maggior parte degli Hr interpellati non ci sia un’età limite per lavorare (44%), un responsabile delle risorse umane su tre dichiara di avere meno interesse per un professionista quando è over 55.
L’invecchiamento della forza lavoro (56%) preoccupa gli Hr, ma allo stesso modo li impensierisce anche la possibilità che il proprio team non sia sufficientemente preparato per via dell’impiego di professionisti anagraficamente troppo giovani e con minore esperienza (45%). Ai lavoratori senior viene riconosciuta ampia conoscenza del business (36%) e degli strumenti di lavoro (30%), capacità di “insegnare” e trasferire competenze agli altri colleghi (35%), oltre a grande affidabilità e autonomia (30%). Tanto che, al raggiungimento dell’età pensionabile, (quasi) un Hr su due vorrebbe trattenere in azienda le proprie risorse senior. Più che all’età del proprio team, gli specialisti delle risorse umane sembrano prestare sempre più attenzione al bilanciamento delle competenze.
Un collante tra le diverse generazioni di lavoratori potrebbe arrivare dalla formazione. Entro il 2027, infatti, ci saranno risorse notevoli da dedicare a questo ambito. I programmi in sinergia tra Italia e Unione Europea, prevedono di finanziare 21 progetti regionali e sei nazionali grazie al Fondo sociale europeo, che metterà a disposizione 14,81 miliardi di euro e al cofinanziamento nazionale di 13,83 miliardi di euro. Ci sono a disposizione oltre 28,6 miliardi di euro complessivi. Ci sono quattro anni che possono imprimere una svolta. Quella di incentivi alle imprese che devono assumere, creare spazio al lavoro puntando su innovazione, ricerca, inclusione e formazione.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)