I lavoratori senior sono sempre di più all’interno delle aziende. Ma a livello di costi, produttività e sostenibilità non sono assolutamente un peso. Lo conferma un’analisi portata avanti da Banca d’Italia che ha esaminato 1.000 aziende nell’arco di quattro anni, dal 2010 al 2014.
Un periodo a cavallo della Riforma Monti-Fornero, entrata in vigore nel 2012, che ha alzato progressivamente l’età pensionabile.
Secondo il report di Bankitalia (Invecchiamento dei lavoratori, riforme pensionistiche e risultati d’impresa), il numero di lavoratori senior in una azienda non influisce negativamente sul livello di produttività, gestione dei costi, risultati economici e nuove assunzioni.
Innanzitutto, questo gruppo di lavoratori non rappresenta un ostacolo per l’assunzione dei più giovani. Le imprese più colpite dalla riforma Fornero analizzate nello studio avevano aumentato le assunzioni in ogni fascia di età. A una crescita del 10% dei lavoratori senior corrispondeva un aumento dei lavoratori giovani o di mezza età dell’1,8 e dell’1,3%. Questi risultati sono ascrivibili «all’esistenza di complementarità tra lavoratori di età diversa e suggeriscono che i lavoratori maturi sono dotati di competenze specifiche non facilmente sostituibili».
La ricerca di Bankitalia ha dimostrato che in linea con l’incremento dell’occupazione, nelle aziende prese in esame sono aumentati anche costo del valore totale e valore aggiunto. Un dato, che, insieme a quelli relativi all’occupazione, conferma come i lavoratori senior non siano per nulla un onere per le aziende. A livello di costi e produttività l’impresa non ci rimette inoltre, le competenze dei dipendenti più anziani sono un inestimabile valore aggiunto. Ciò spiega il perché, 0ccorre investire su di loro.
(Sintesi redatta da: D'Amuri Vincenzo)