La popolazione in età da lavoro, tra 15 e 64 anni, è diminuita di 756mila unità e nel solo 2022 di 133mila unità. Dati che aiutano a capire almeno in parte da dove trae origine il boom dell'occupazione over 50 registrato dall'Istat: nell'ultimo anno, tra gennaio 2022 e gennaio 2023, gli occupati over 50 sono aumentati di 323mila unità (+3,6%), e di 67mila unità tra dicembre e gennaio. Dunque gli occupati tra 35 e 49 anni sono aumentati nell'ultimo anno solo dello 0,1% (10mila unità), dell'1,8% (73mila unità) quelli con un'età compresa tra 25 e 24 anni, mentre per quanto riguarda la classe di popolazione tra 15-25 anni si è registrato un incremento tra gennaio 2022 e gennaio 2023 di 53mila unità (+4,8%). Non incide però solo il calo delle nascite.
A soffiare nelle vele dell'occupazione senior è anche la forte richiesta di competenze che proviene dalle aziende e dalle pubbliche amministrazioni alle prese con il Pnrr. A gennaio, ha rilevato l'Istat, il tasso di occupazione è salito al 60,8%, in aumento di 0,1 punti su dicembre. Risultato, 35mila persone hanno trovato un lavoro. Confrontando il trimestre novembre 2022-gennaio 2023 con quello precedente si registra invece un incremento del numero di occupati dello 0,5%, corrispondente a 113mila unità in più. Come detto però è una crescita "brizzolata" quella a cui stiamo assistendo in questa fase a causa degli effetti della piramide demografica rovesciata. Ma anche la fuga dei cervelli pesa in questo contesto.
Così le imprese, di fronte a un'economia che continua a tirare, hanno ripreso a guardare ai bacini occupazionali tradizionali. In fondo il bisogno di lavorare oggi si concentra nelle fasce più anziane della popolazione, che sono anche quelle con più lavoratori, mentre tra i giovani è più diffusa la great resignation e il fenomeno del quiet quitting o del lavorare meno. I giovani poi chiedono sempre di più di lavorare in smart working, un altro ostacolo». Insomma, i giovani perdono terreno nel mercato del lavoro mentre i baby boomer, molti scartati dalle aziende prima della pandemia a seguito di riassetti interni, si stanno a quanto pare prendendo la loro rivincita.
Un fenomeno che negli Usa chiamano re-hiring (ri-assunzione). Le imprese, dopo anni passati a tagliare il personale più anziano, per abbattere i costi e restare competitive, sono finite a corto di profili con un'elevata esperienza nelle posizioni di vertice e così oggi stanno rivalutando i lavoratori over. A spingere tuttavia l'occupazione senior sono anche i concorsi pubblici, moltissimi negli ultimi due anni e caratterizzati dalla ricerca di iper competenze per la gestione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Più in generale, a gennaio il numero di occupati è arrivato a superare quota 23 milioni e 300mila unità. Rispetto a gennaio 2022, la crescita (+459mila unità) caratterizza i dipendenti permanenti e gli autonomi, mentre il numero di dipendenti a termine è inferiore di quasi 50mila unità. Pure questo è un elemento da tenere in considerazione per capire la risalita degli occupati over 50: il fatto che a trainare l'occupazione siano soprattutto i contratti a tempo indeterminato, per i quali solitamente le aziende preferiscono affidarsi a persone con esperienza e provata affidabilità, mentre i contratti a tempo sono in calo.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)