Tra i temi di maggior interesse dei ricercatori e delle agenzie internazionali di finanziamento c’è l’invecchiamento cerebrale, ovvia conseguenza dell’allungamento della vita media. L’invecchiamento cerebrale riguarda tutte le funzioni del cervello (sensoriali, motorie, cognitive, affettive, emozionali etc..), ma il grosso dell’interesse è sul declino cognitivo, cioè la diminuzione della capacità di apprendimento e di utilizzo della memoria a breve termine, della capacità di concentrarsi e di valutare criticamente, di prendere decisioni. Marco Tullio Cicerone, nel De Senectute aveva già sottolineato che non tutte le funzioni declinano allo stesso modo in tutte le persone. Ora è appurato che anche nello stesso individuo non tutte le funzioni superiori decadono insieme, anzi alcune non declinano. Queste osservazioni debbono essere spiegate da tutte le ipotesi sui meccanismi alla base del declino cognitivo nell’invecchiamento cerebrale. Dalla nascita della medicina “scientifica” si è cercato di scoprire le alterazioni del cervello che determinano o favoriscono il declino delle capacità cognitive, dapprima con l’anatomia, di cui l’aspetto più studiato è il numero dei neuroni. Si è così passati, nel corso di un secolo, da ritenere che l’invecchiamento cerebrale, e con esso il declino cognitivo, fosse determinato dalla morte di un numero elevatissimo di neuroni, alle nozioni odierne in cui si è arrivati alla conclusione che il cervello anziano ha meno neuroni di quello del giovane adulto, ma la differenza è molto minore di quanto si riteneva. Alla luce di questi risultati i ricercatori hanno cercato altre alterazioni nel cervello anziano e, per il momento, si è scoperto che uno dei più importanti cambiamenti anatomici del cervello anziano è la drastica riduzione delle “spine”, piccolissime protrusioni presenti in gran numero su alcuni processi (dendriti) di moltissimi neuroni. Ciò ha comportato il trasferimento del problema dal numero di neuroni al numero di sinapsi e quindi alla funzione sinaptica. Infatti sempre più studi negli ultimi anni hanno dimostrato che la funzione delle sinapsi nel cervello anziano è molto diversa da quello del cervello giovane o adulto. E la sinapsi ha come caratteristica specifica la plasticità cioè la capacità di modificare la sua funzione in relazione agli stimoli ricevuti. Numerosi esperimenti, incluso quello di Lamberto Maffei a Pisa, con diversi protocolli, hanno dimostrato che nel cervello anziano la plasticità sinaptica è ridotta e che è possibile riattivarla con procedure di arricchimento ambientale, cioè aumentando i numeri e la qualità degli stimoli. Ancora più recentemente è emersa, dagli studi sulla plasticità sinaptica nel cervello anziano, la possibilità che essa rappresenti una specie di via finale comune sulla quale convergono diversi processi. I meccanismi molecolari dei fenomeni neurofisiologici che determinano la plasticità sono ben conosciuti ed è quindi possibile iniziare a studiare (prima sugli animali), se specifiche proteine o gruppi di proteine sono alterati nel cervello anziano. Questo tipo di studi si stanno svolgendo in molti laboratori, tra cui l’IRCCS INRCA di Ancona, con la speranza di svelare i meccanismi che deteminano la riduzione di plasticità e comprendere quindi cosa determina il declino cognitivo.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)