Mario, classe 1932, si è spento due anni fa, sognava di dirigere il traffico ma era disabile. Negli anni Cinquanta la polizia municipale di Firenze lo adottò come mascotte. A tal punto che, passati i 70 anni, non aveva ancora abbandonato la parte «in commedia». Fatima, tunisina, cinquant’anni, è l’operatrice che seguiva Nazareno, professore di chimica morto a 85 anni nel 2014. Era la sua infermiera, ma ormai, dopo tanti anni, lo chiama «babbo».
Mario e Fatima sono solo due dei protagonisti delle quindici storie di amicizia e solidarietà che vedremo in mostra alle Murate di Firenze fino al 27 maggio.
Un progetto fotografico-narrativo lungo tre anni di lavoro sul tema dell’abbandono, fatto di memorie e relazioni tra pazienti e personale sanitario, in larga parte composto da immigrati, che nasce dalle residenze per anziani della Asl fiorentina, curato dall’operatrice Biancalisa Conti e dal fotografo Massimo D’Amato.
Titolo: AbbanDonarsi. Parola da leggere tutto d’un fiato, se la si guarda dal punto di vista di chi all’hospice ha imboccato il viale del tramonto. Ma anche come due parole staccate: il punto di vista di chi assiste l’anziano, e con lui entra in contatto, in empatia. «La relazione tra gli anziani e chi li assiste si sviluppa attraverso il racconto della storia personale di entrambi — spiega Conti — individuando alcuni momenti di vissuto comune e il confronto storico, sociale e culturale».
Le storie sono accoppiate: l’anziano e l’operatore che lo segue, raccontate per immagini. Testimonianze fotografiche, aneddoti e esperienze di vita, oggetti. «E poi cassetti, comodini, mensole, ritratti — aggiunge D’Amato — ho cercato dettagli e sfumature che racchiudessero in sé una vita».
(Fonte: tratto dall'articolo)