Secondo il rapporto Pensions at a glance 2021, diffuso dall’Ocse, i giovani che entrano ora nel mercato del lavoro in Italia andranno in pensione a 71 anni di età, in media circa 9 anni più tardi di chi si ritira oggi dalla vita attiva, grazie alle diverse opzioni disponibili che permettono di andare in pensione in anticipo intorno ai 62 anni. L’Italia figura tra i sette Paesi dell’Ocse che collegano l’età pensionabile prevista per legge alla speranza di vita. In un sistema contributivo, questo collegamento non serve per migliorare le finanze, ma ha l’obiettivo di promuovere l’occupazione in età avanzata ed evitare la pensione anticipata con assegni troppo bassi. Ma se l’età media nei Paesi Ocse con cui andranno in pensione i giovani di oggi si attesta a 66 anni, in Italia il requisito di futura età pensionabile “normale” sale a 71 anni, come per Estonia e Paesi Bassi.
Uno dei più alti, ma sempre tre anni in meno rispetto alla Danimarca (74). Se paragonato con lo stato attuale, le nuove generazioni di italiani erediteranno un sistema pensionistico che li penalizzerà rispetto ai loro predecessori. Molto probabilmente ai giovani di oggi mancheranno le diverse opzioni disponibili per andare in pensione prima, che ora abbassano l’età media di uscita dal lavoro a 61,8 anni contro i 63,1 anni della media Ocse. Insomma, in meno di mezzo secolo l’Italia passerà dall’essere uno dei Paesi Ocse con i pensionati più giovani a essere quello con i più anziani.
Uno dei problemi è il rapido invecchiamento della popolazione: in Italia nel 2050 gli over 65 saranno 74 ogni 100, uno dei rapporti più alti dell’Ocse. Oggi gli anziani sono 39,5 ogni 100 abitanti in età lavorativa. L’età media degli italiani viventi, che nel 1990 era di 37 anni, nel 2050 sarà di 53 anni e mezzo, contro i 46,8 della media Ocse. Inoltre la popolazione italiana in età lavorativa entro il 2060 diminuirà del 31% contro il -10% medio dei Paesi Ocse.L’altro problema sono le leggi degli ultimi anni, che hanno permesso uscite anticipate (Quota 100, Opzione Donna). Per l’Ocse l’Italia troverebbe beneficio nell’aumentare l’occupazione nelle età più avanzate, migliorare la trasparenza nel calcolo delle prestazioni contributive e realizzare una migliore gestione della solvibilità di lungo termine.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)