I cento anni che vanno dal 1950 al 2050, verranno ricordati come il periodo con maggior intensità della crescita della presenza umana sulla Terra, quelli in cui la popolazione è passata da 2,5 miliardi ai quasi 10 miliardi previsti. Una crescita prodotta in corrispondenza di un processo che ha enormemente aumentato le condizioni generali di salute e benessere, pur con persistenti diseguaglianze. È difficile trovare un Paese in cui l’aspettativa di vita sia più bassa rispetto al 1950. A livello mondiale la durata media di sopravvivenza è passata da meno di 50 anni a oltre 70: in Africa da meno di 40 anni a più di 60. Va, anzi, sottolineato che l’aumento della popolazione è dovuto proprio al miglioramento delle condizioni di benessere, in generale, e alla riduzione dei rischi di morte prematura, in particolare.
La crescita demografica ha quindi alla base un fatto positivo, ovvero quello di essere riusciti a portare da condizione minoritaria a norma il fatto che chi nasce in questo pianeta possa arrivare fino all’età anziana e trascorrere possibilmente al meglio anche tale fase. A fronte di ciò va considerata, però, la diminuzione della natalità. Nel 1950 la media mondiale del numero di figli per donna era pari a 5, oggi è meno della metà e nella seconda parte di questo secolo si prevede scenda sotto 2,1. Se, quindi, la popolazione mondiale continua ad aumentare è soprattutto per la spinta inerziale dovuta al fatto che la struttura per età degli abitanti del pianeta, per l’elevata fecondità passata, è ancora sbilanciata verso le età più giovani.
Se nel passato l’aumento lento della popolazione aveva alla base un ricambio rapido delle generazioni, ovvero alta natalità e alta mortalità, nello scenario a cui stiamo andando incontro anche il ricambio è lento, con meno nati che vivono però molto più a lungo. Ci sono però anche tre questioni che rimangono aperte. La prima riguarda la longevità: quando ancora continuerà a estendersi l’aspettativa di vita? Non c’è un limite individuato dalla scienza, ma è verosimile che le fasi della vita, di generazione in generazione, saranno in continua evoluzione. Non è quindi possibile fermare l’aumento della longevità se non si vuole tornare indietro anche rispetto alle condizioni di vita più generali. Abbassare la guardia sul sistema sanitario, sulla cultura del benessere, sul rapporto con l’ambiente, produce danni per tutti.
La seconda questione aperta riguarda la fecondità. I Paesi che scendono sotto la soglia di equilibrio generazionale difficilmente riescono a risalire. La denatalità, quando è accentuata e prolungata, genera una trappola demografica, perché via via si riduce la popolazione in età riproduttiva rendendo ancora più amplificati gli effetti della denatalità, ma questo rende ancor più squilibrata la popolazione verso le età anziane accentuando le dinamiche demografiche negative. Il terzo punto interrogativo è sull’Africa, in particolare sul suo crescente ruolo nelle dinamiche della popolazione mondiale lungo questo secolo. Senza tale continente il numero di abitanti del pianeta risulterebbe già avviato al declino.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)