Nelle Rsa sono stati immunizzati solo 57.000 persone, rispetto ai 570.000 ospiti, uno su dieci.
I dati assoluti dipendono anche dal fatto che non tutte le regioni hanno proceduto nel medesimo modo. Per questo motivo i familiari degli ospiti delle Rsa sono disposti a rivolgersi alla magistratura.
Dietro questi ritardi c'è sicuramente la carenza di squadre di vaccinatori in esterna. Altro dato è quello relativo ai ragazzi tra i 16 e i 19 anni, ultimi a dover essere vaccinati e di cui invece risultano 1.670 ad avere avuto inoculata la prima dose. Problemi a livello organizzativo, secondo Sebastiano Capurso, vicepresidente nazionale dell’Anaste, l’associazione più rappresentativa delle residenze sanitarie. Mancano infatti indicazioni su chi debba praticare il vaccino, che oltretutto ha problemi di stoccaggio (quello Pfizer) a causa del fatto che va rispettata rigorosamente la necessaria catena del freddo.
Specifica Capourso che «Le Asl quasi ovunque non hanno personale a sufficienza da mandare in giro e quando questo avviene c’è da fare un grande lavoro di anamnesi e amministrativo che complica non poco. Come era ampiamente prevedibile il bando del commissario Arcuri alla ricerca di infermieri è stato un fallimento perché di infermieri non ce ne sono. E allora il modo più efficace per garantire in tempi rapidi la vaccinazione dei nostri assistiti è quello di coinvolgere proprio il personale sanitario e parasanitario delle Rsa e i medici di famiglia. Di più, finita la loro vaccinazione le Rsa potrebbero rimanere come centri di somministrazione dando una grossa mano in tutti quei territori di provincia o nei piccoli comuni dove gli unici presìdi sanitari sono appunto le Rsa e le farmacie.
Ma noi, a differenza delle farmacie, abbiamo anche strumenti per far fronte a tutte le esigenze, a cominciare da eventuali reazioni avverse».
Tra le difficoltà anche i problemi per il consenso informato (che non tutti gli anziani sono in grado di dare).
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)