Il 7 Aprile è stata la «Giornata del fine vita», durante la quale i medici internisti della Fadoi, società scientifica di Medicina Interna, con gli infermieri dell’associazione Animo hanno proposto una serie di iniziative per discutere su come affrontare questa fase, migliorando e umanizzando l’assistenza. Questo perché i reparti di medicina interna hanno in carico il 70% dei pazienti in fase terminale. La legge sul fine vita prevede la rinuncia al così detto accanimento terapeutico, ma serve comunque un’evoluzione culturale. Molte persone ormai, grazie ai progressi della medicina, non accettano l’idea della morte. Questo fatto si chiama sindrome di Titone, dal nome del bellissimo figlio del re di Troia che fece innamorare di se Eos, dea dell’aurora. La dea chiese a Giove di donare al giovane l’immortalità per poterlo sposare e fu esaudita. Ma Eos aveva fatto l’errore di non chiedere anche l’eterna giovinezza e condannò così Titone ad invecchiare senza poter morire, sempre più malato e disabile, mentre Eos ogni mattina risorgeva giovane e bellissima. Il mito è ora una metafora della Medicina moderna, poiché le nuove cure e tecnologie allungano la vita, prolungando però la vecchiaia. Dobbiamo quindi ancora imparare, per poter rendere la vecchiaia migliore, e predisporre un fine vita dignitoso ed umano.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)