La crisi sanitaria del Covid-19 ha messo sotto i riflettori i più anziani di noi, mettendo in luce la loro fragilità, e sottolineando le mancanze rispetto ai loro bisogni. Come potrebbe una società che si proclama diritti umani decidere di rinchiudere i suoi anziani in questo modo?
Diventa ora essenziale dare loro l'attenzione e la protezione che meritano e fornire le condizioni dignitose per invecchiare bene. Tra i primi a contestare le modalità applicate ci sono stati proprio gli stessi anziani. Sono proprio loro che hanno contestato le misure di quarantena. Si perché è come, tenendoli lontani dal mondo, fossero giudicati privi del buon senso necessario utile a poter garantire la propria sicurezza e quello degli altri. Come se essere vecchi significasse necessariamente essere incapaci in senso giuridico.
Gli anziani possono essere vulnerabili senza essere necessariamente visti come esseri inadatti che hanno bisogno di essere protetti come i bambini. A tutte le età e indipendentemente dalle loro condizioni fisiche e morali, dovrebbero avere il diritto alla libertà, anche la libertà di sbagliare. Trattare bene non significa solo non maltrattare, ma è un approccio più sottile, che comporta un ideale di inclusione sociale.
Quindi per promuoverne il benessere, non si dovrebbe iniziare a trattarli come tutti gli altri? È anche cambiando il modo in cui consideriamo la vecchiaia che affronteremo i problemi dell'abuso sugli anziani.
E' vero che la mortalità tra gli anziana è tale che sorgono problemi di salute pubblica che vanno oltre gli interessi individuali, ma queste misure protettive e le loro reazioni sono indicative di tendenze opposte nella società.
In primo luogo è il discorso sull'ageismo, con la sua quota di discriminazione, che considera i più anziani una massa uniforme e diversa dal resto della popolazione, il che legittima l'attuazione di cure specifiche. Però non tutti invecchiano alla stessa maniera, né si sviluppano le stesse patologie, allo stesso tempo, nella stessa misura e con le stesse conseguenze. Ed anche le condizioni sociali ed emotive sono molto diverse.
L'ageismo consiste proprio nel negare questa eterogeneità dell'invecchiamento. A questo primo livello di stigmatizzazione si aggiunge un'altra forma di discriminazione per i più fragili: la "vulnerabilità". La quale comporta una forma di squalifica sociale completa quando si mostrano segni di fragilità e dipendenza.
La seconda tendenza è quella demografica: gli anziani sono corteggiati come categoria sociale che pesa nelle attività economiche e politiche del Paese. Già il 20% della popolazione francese ha più di 65 anni e l'invecchiamento accelererà ancora di più nei decenni a venire. Entro il 2070, INSEE stima che ci sarà un abitante di 65 anni e più in Francia per due di età compresa tra 20 e 64 anni! Ma le persone anziane non sono tutte uguali, sono un riflesso della società che hanno contribuito a costruire, e quindi quelli quelli che arrivano a questa età non sono gli stessi di ieri. Ed infatti lo hanno sottolineato, come è successo durante la quarantena. "Se il virus ci ha reso una categoria speciale, rifiutiamo di avere un posto speciale nella società! ". Questa è in definitiva l'essenza del massiccio rifiuto a cui si è assistito; il governo ha quindi capito che non può alienare i nostri potenti anziani. Il messaggio sarà compreso nella sua interezza all'interno degli organi di governo che lavorano al progetto tanto atteso della legge sulla vecchiaia e sull'autonomia?
Una cosa è certa: la società della longevità non avverrà senza i diretti interessati.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)