La propensione a ridurre "la sofferenza, la malattia e la morte da impegno personale in problema tecnico, espropriando così la gente di ogni capacità di misurarsi autonomamente con la propria condizione umana" (Illich, 2013, p.145) è spesso la causa che impedice il riconoscimento di un significato degli eventi più drammatici del vivere. Quello con il dolore e la morte è un rapporto prevalentemente personale. Il dolore divide il tempo in 2 momenti, quelli in cui si fa sentire e quelli del sollievo, offuscati però dal suo ricordo. La morte spaventa a causa della sua indeterminatezza. Confrontarsi con la "passione" permette di scoprire dimensioni nuove, riscoprendo i valori della condivisione e della compagnia. La malattia può tradursi in occasione di apertura verso l'altro. La malattia, il dolore, sono occasioni di confronto con se stessi e con l'essenza che ha invaso il corpo. V. Frankl (2011) ricorda che questo confronto esce il confronto tra homo faber (categorie di successo/insuccesso) come dimensioni essenziali del viverre) e homo patients che soffre ed è capace di elevarsi sopra di essa. Confrontarsi con il dolore, il morente e la morte permette di accostarsi ad una sifa buona, che ricorda all'uomo che è homo patients in relazione, capace di riscoprire la profondità della sua umanità e affroontare un'esperienza che non può essere spogliata dei suoi risvolti più drammatici perchè profondamente umani.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)