Stabilire l’età psicologica, cioè non quella biologica ma quella “percepita”, non è semplice e la risposta a questa domanda può variare a seconda dell’umore e delle circostanze, come ha specificato il ricercatore americano Alex Zhavoronk. Zhavoronkov ha applicato l’intelligenza artificiale ai dati del progetto Midlife in the United States, condotto dal National Institute of Aging su circa diecimila persone che sono state seguite e intervistate più volte nell’arco di vent’anni per capire come i fattori psicologici, comportamentali e sociali influenzino la salute e il benessere man mano che si invecchia.
Si è così scoperto che è possibile intervenire su fattori chiave come la salute fisica. Chi per esempio è più attivo ha una probabilità del 30-50% più alta di sentirsi più giovane anche a vent’anni di distanza.
Che l’esercizio fisico e il movimento in generale siano fattori critici nell'invecchiamento lo conferma Francesco Landi, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG): «La sedentarietà è il primo determinante dell’età psicologica ma anche di quella biologica ed entrambe sono più importanti dell’età anagrafica per la salute. Sentirsi più giovani significa essere più attivi, fare movimento a sua volta porta a sentire meno il peso degli anni». «L’età psicologica e quella biologica - precisa - non si cambiano a ottant’anni, ma si costruiscono fin da bambini con uno stile di vita sano».
Un altro elemento decisivo per l’età psicologica, secondo Zhavoronkov, è l’attività sessuale: se è soddisfacente, avverte, gli anni che abbiamo “nella testa” si abbassano automaticamente. Un altro elemento fondamentale è il sentirsi importanti per gli altri e dedicarsi al loro benessere, come conferma lo stesso Landi: «Sentirsi utili, avere uno scopo indipendentemente dall’età è un tratto tipico della longevità di successo che, per esempio, si ritrova sempre nei centenari delle “blue zones”».
Una visione ottimista della vita è infine altrettanto utile, soprattutto perché mantenere bassa l’età psicologica allontana malanni e fa vivere di più. Zhavoronkov, infatti, si è accorto che sentirsi più anziani della propria età raddoppia la probabilità di morire anzitempo. Lo conferma del resto una ricerca di Antonio Terracciano, geriatra della Florida State University che, analizzando i dati di oltre 17mila persone seguite per vent’anni, ha osservato che l’età soggettiva non è solo una sensazione, ma un predittore di salute.
Spiega sempre Terracciano: «Chi si sente giovane vive di più, chi si sente anziano ha una vita più breve: un’età soggettiva più alta, per esempio, si associa a una probabilità del 10-25% più elevata di essere obeso ed è correlata anche alla percezione di una salute più precaria e a un’età biologica maggiore, come dimostrano le modifiche epigenetiche riscontrabili sul Dna e un profilo infiammatorio peggiore».
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)