Su una nota e seguita rubrica di lettere pubblicata quotidianamente online, è comparsa, fra le altre, una lettera dove l’autrice sottolineava, come - ad aggravare i suoi problemi personali- si aggiungesse la paura per i terribili e angoscianti commenti di coloro che leggono e commentano, ormai abitualmente, le lettere pubblicate. Come ben sa chiunque frequenti il mondo virtuale, sembra proprio che spesso sia la violenza gratuita e insensata a nutrire i commentatori dei social, più o meno diffusi. Perché questa degenerazione attecchisce così facilmente? Ma soprattutto quale equilibrio si è spezzato nel rapporto, seppure mediato dalla tecnologia, tra persone che pur non conoscendosi condividono pensieri, episodi di vita, problemi a volte anche molto gravi? Non vogliamo evocare la mancanza di quella che una volta veniva chiamata semplice buona educazione, facciamo riferimento a quel minimo di empatia per il genere umano, a quella predisposizione intima che dovrebbe portarci a “sentire” la difficoltà dell’altro, il suo dolore, il momento difficile di una scelta, di una perdita, magari di un’ingiustizia subita. Invece le parole vengono scagliate come fossero pietre, per ferire, per “finire” il malcapitato di turno.
(Fonte: tratto dall'articolo)