La vecchiaia può comportare miglioramenti in termini di esperienza e capacità di giudizio, ma la memoria, l’attenzione, la velocità di elaborare informazioni possono diminuire. Finora per l’anziano ci si è preoccupati della tutela dell’incolumità fisica e dell’aumento delle malattie degenerative del sistema nervoso. Non si è posta l’attenzione sulla vulnerabilità cognitiva non legata a malattia, ma al naturale e inevitabile invecchiamento del cervello. Un rapporto pubblicato dalla National Accademy of Sciences americana e promosso dall’Institute of Medicine (IOM) fa il punto sul livello di comprensione di questo processo d’invecchiamento naturale definito cognitive aging
e sui possibili interventi. La conservazione delle funzioni cognitive costituisce una componente essenziale della qualità dell’invecchiamento che insieme con altre funzioni può rendere anche desiderabile la vecchiaia (Warsch e Wright, 2000). Il modo in cui la società risponderà alle sfide poste dall’invecchiamento cognitivo determinerà il valore attribuito agli anziani e a quella che è definita “etica dell’indipendenza e autonomia” che si riflette sull’identità della persona e che influenza il “funzionamento” dell’anziano che deve rimanere capace di mantenere relazioni efficaci: perché questo è il fattore critico del mantenimento dell’indipendenza.
(Fonte: tratto dall'articolo)