L’inquinamento atmosferico è associato a mortalità per malattie cardio-respiratorie, tumore al polmone, ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie e per asma, incidenza e riacutizzazione di asma, rinite allergica, sintomi respiratori, riduzione della funzione respiratoria. Inoltre, esso causa un incremento dell’assenteismo lavorativo e scolastico, nonché la necessità di aumentare le dosi di broncodilatatori nei pazienti con patologia ostruttiva cronica. Determina quindi enormi costi socio-economici. Sono passati 10 anni da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha emanato le sue linee guida per il particolato atmosferico (PM), l’ozono (O3), il biossido di azoto (NO2), l’anidride solforosa. Tali limiti, con l’eccezione di quello per l’ossido di azoto, sono molto più restrittivi di quelli ammessi dall’Unione Europea (UE). La conseguenza è ben descritta nel Rapporto dell’Agenzia Ambientale Europea (Air quality in Europe – 2015 report), pubblicato agli inizi di dicembre in concomitanza con l’avvio della Conferenza sul clima COP21 di Parigi. Riguardo all'Italia le mappe presenti nel Rapporto mostrano che la pianura padana ed alcune grandi città italiane sono tra le zone europee più inquinate. Il Rapporto stima anche il numero annuale delle morti premature (cioè avvenute prima dell’età aspettata, corrispondente all’aspettativa di vita per un tale paese, specifica per sesso) in Italia: 59500 per PM2.5, 3300 per O3, 21600 per NO2. Recentemente, l’iniziativa Aphekom in 10 città europee (inclusa Roma) ha stimato che vivere vicino a strade trafficate sia responsabile del 15-30% di casi di asma (età 0-17 anni) e di cardiopatia ischemia e di broncopneumopatia cronica ostruttiva (età oltre 65 anni).
(Fonte: tratto dall'articolo)