Si moltiplicano gli studi per indagare le condizioni di invecchiamento. Recentemente, sulla rivista J. of Gerontology, sono stati pubblicati i risultati di una ricerca condotta da ricercatori della University of Southern California, che ha indagato sulla relazione tra declino cognitivo degli anziani e titoli di studio che questi avevano conseguiti nella loro vita. Nel 2000 i ricercatori avevano selezionato un campione di 10.374 cittadini americani ultra-65enni, età media 75 anni. Dopo 10 anni, nel 2010, hanno ripetuto l’indagine su altri 9995 cittadini, stessi territori, stessa età. In entrambi i casi i cittadini selezionati sono stati suddivisi in 4 categorie in base al loro titolo di studio: a) elementare, b) media inferiore, c) maturità, d) laureati. I risultati di questo studio hanno evidenziato che in un decennio l’aspettativa di vita senza demenza è aumentata per tutta la popolazione. Un altro studio condotto da ricercatori dell’Università di Birmingham, nel Regno Unito, e coordinato da Katrien Segaert è stato pubblicato su Scientific Reports. In questo caso l’indagine puntava a valutare la relazione tra capacità del linguaggio ed esercizio fisico. A 28 volontari tra i 60 e i 70 anni è stato chiesto il significato di 20 parole di uso comune e 20 parole poco conosciute, in confronto ad un gruppo di giovani, di 20 anni, è emerso che gli anziani facevano più fatica a ricordare il significato delle parole, soprattutto se poco conosciute, ma gli anziani che facevano un’attività fisica con la cyclette, nell’esercizio avevano una performance superiore. Sintetizzando, i due studi evidenziano che il livello di istruzione può aiutare sicuramente a ritardare la fase del decadimento cognitivo e che il “modus vivendi” in generale – ovvero interessi, attività fisica, prevenzione, alimentazione, quello che si definisce “un corretto stile di vita” - può determinare una buona o cattiva vecchiaia.
(Fonte: tratto dall'articolo)