La pandemia ha messo a dura prova il nostro Servizio sanitario nazionale evidenziandone fragilità e lacune.
Quando, passata l’emergenza della prima ondata, si sono tirate le somme, il giudizio generale è stato più o meno questo: l’ospedale ha retto, i servizi territoriali sono da ripensare. Sintesi sostanzialmente applicabile a tutti i 21 sistemi sanitari regionali.
Sotto la pressione del grande numero di persone contagiate da una malattia sconosciuta, i servizi territoriali si sono mostrati inadeguati anche nelle regioni, come Veneto ed Emilia, che meglio li avevano sviluppati. Analogamente, gli ospedali della Lombardia, ritenuti una eccellenza nazionale, si sono trovati in gravissima difficoltà, soprattutto nelle aree dove più si è diffuso il contagio, venendo meno alla loro funzione.
La seconda ondata, le urgenze del piano vaccinale, il dibattito permanente sulle misure di prevenzione più appropriate hanno accantonato ogni velleità di riforma. Ma mentre dei servizi territoriali si continua a parlare come di un tema da affrontare non appena superata l’emergenza, degli ospedali non si parla più, questo nonostante il Covid-19 dimostri che le strutture debbano necessariamente avere delle “riserve” da utilizzare in caso di necessità.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)