Pensate a un anziano il cui corpo è abbandonato dagli altri e che lui stesso abbandona, per ritirarsi altrove, nell’ultima malinconia. Pensate a uno sguardo che si allontana e cercate di leggere un unico sentimento: non dimenticatemi. Quanti ce n’è di questi invisibili, di questi uomini e donne intimiditi dalla svalutazione radicale di una parte dell’esistenza? Molti, tanti, troppi. Rassegnati non più a vivere, ma a sopravvivere. E’ pensando a loro che Angelo Ferro ha inventato a Padova "Civitas Vitae", la Città della Vita, un luogo dove gli anziani ritrovano il senso di un’esistenza, trovando qualcuno che si occupa di loro, restituendo ad altri quel che hanno imparato nella vita. Una fabbrica di relazioni, in sintesi, strutturata come villaggio della salute o meglio, della longevità attiva, dove parole come armonia, inclusione, sussidiarietà e solidarietà non sono vuota retorica ma applicazioni concrete. In questa città nella città, un luogo aperto al mondo dove la vecchiaia non è considerata un costo ma una risorsa, gravitano 3500 persone, tra medici, operatori, dipendenti, familiari, scolaresche.
Un modello di coesione sociale contro ogni idea di rottamazione, per dire che ad ogni età ognuno può dare il proprio contributo. Ma anche una bell’esempio di restituzione: noi siamo quel che facciamo per gli altri.
(Fonte: tratto dall'articolo)