(function() { var ga = document.createElement('script'); ga.type = 'text/javascript'; ga.async = true; ga.src = ('https:' == document.location.protocol ? 'https://' : 'http://') + 'stats.g.doubleclick.net/dc.js'; var s = document.getElementsByTagName('script')[0]; s.parentNode.insertBefore(ga, s); })();
Iscrizione newsletter Chiudi

Registrati alla Newsletter, per essere sempre aggiornato.

* Campo obbligatorio

Indirizzo Email

*

Nome

Cognome

Tipologia Utente:

*
*
Carta d'Identità Centro Studi 50&Più Chiudi

Mai come oggi il futuro è l’altro

Animazione Sociale, 1, 2021, pp.16-23

Oggi 8,5 milioni di italiani si sentono soli. Il 13,2% delle famiglie dichiara di non avere nessuno a cui rivolgersi in caso di bisogno, la percentuale più alta d’Europa. Ma il problema è diffuso ovunque. L’impressione è che stiamo perdendo dimestichezza nell’agire con l’alterità, nel pubblico come nel privato. Ma perché ciò accade? Perché teniamo distante l’altro, il nemico, il migrante, il diverso, il più vulnerabile, salvo poi averne nostalgia?

È tutta colpa della paura, il sentimento dominante di quest’epoca. La paura con i suoi derivati: sfiducia, rancore, rabbia. Abbiamo paura perché ci sentiamo abbandonati, perché sappiamo di dover contare solo sulle forze residue. Un atteggiamento che nasce dalla difficoltà di proiettarsi in un futuro affollato da precarietà economica e climatica, non più promessa ma minaccia. Per contrastare i timori è necessario arginarli, ricreando condizioni di protezione sociale nel presente e di fiducia nel domani. Per questo l’unica arma vincente è investire nel welfare, ricreando reti di socialità sul territorio, sostenendone, nel contempo, anche l’imprenditorialità.

È necessario valorizzare il welfare di comunità, declinato nella prossimità dei condomini, degli incontri nei quartieri, nei centri di aggregazione, in aggiunta ad economie sociali e sostenibili. Il problema nel rapportarsi con l’altro investe naturalmente anche l’ambito educativo, dell’aiuto e della cura, mettendo anzitutto in discussione la figura dell’educatore, storicamente considerato dominatore del rapporto tra aiutante e aiutato. Oggi, al contrario, mettere l’educando al centro della cura, significa disporsi all’ascolto e alla disponibilità. La relazione appare più aperta e decentrata, comportando la nascita di nuove metodologie che chiamino l’altro ad un protagonismo attivo.

Del resto è sempre l’altro a rappresentare il futuro, è con l’incontro che si tentano di risolvere problematiche e difficoltà. Da qui la necessità di aprire nuovi spazio di cooperazione, superando il semplice concetto di tolleranza. Anche qui, rimedi efficaci sono quei servizi di welfare, che coinvolgono i singoli e la società nel suo insieme. Sono le iniziative di quartiere che creano reti di prossimità contro l’anomia del vivere urbano, grazie alla cooperazione di più attori, che condividono risorse e competenze, producendo servizi percepiti come ‘comuni’.

(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)

TORNA ALLA PAGINA PRECEDENTE     AGGIUNGI AI PREFERITI     I MIEI PREFERITI
Autore (Cognome Nome)
Casa Editrice, città
Collana
Anno Pubblicazione2021
Pagine16-23
LinguaItaliano
OriginaleSi
Data dell'articolo19000101
Numero1
Fonte
Approfondimenti Online
FonteAnimazione Sociale
Subtitolo in stampaAnimazione Sociale, 1, 2021, pp.16-23
Fonte da stampare(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)
Volume
Approfondimenti
Attori
Parole chiave: Welfare