L’effetto demografico incide in modo significativo sui dati del mercato del lavoro. Nella fascia tra 15 e 64 anni a dicembre 2023 gli occupati sono aumentati dell’1,6%, tuttavia depurando il dato dalla componente demografica si avrebbe un incremento del 2,1%. Nel 1960 sono nati 910mila bambini che stanno uscendo gradualmente dalla fascia dei 64 anni, mentre nel 2008 sono nati 576mila bambini che appartengono alla fascia d’ingresso: il saldo tra i più anziani e i più giovani all’interno della popolazione in età lavorativa è negativo (-330mila unità) perché le uscite non sono compensate dalle entrate.
Rispetto alle singole fasce d’età, l’impatto demografico è notevole su quella più anziana e quella mediana, dove agisce in modo antitetico. Per la fascia da 50 a 64 anni l’Istat conta il 3,3% di occupati in più rispetto a dicembre 2022, questo dato depurato dalla componente demografica sarebbe sempre in crescita, ma per una percentuale inferiore, attestandosi al +2,5%. Su questa fascia di popolazione in continuo aumento confluisce la fascia dei baby boomers. L’effetto opposto si registra nella fascia tra 35 e 49 anni, quella centrale del mercato del lavoro, che invece va riducendosi progressivamente.
In questo caso gli occupati a dicembre 2023 calano dell’1,5%, ma se non si considerasse l’andamento demografico si avrebbe un +0,5% rispetto a dicembre 2022. Il saldo tra entrate e uscite in questa fascia d’età è negativo, perché sono più le persone che escono da questa fascia d’età per andare in quella successiva, rispetto a quelle che entrano. Poi ci sono i giovani d’età compresa tra 15 e 34 anni dove l’impatto demografico a dicembre 2023 c’è, anche se è più contenuto: l’incremento tendenziale degli occupati è del 4,2%.
Gli effetti strutturali dei cambiamenti demografici e culturali sono più evidenti se si considera la composizione per età e genere. La quota dei 15-34enni sul totale delle forze di lavoro di 15-64 anni si è ridotta in misura più significativa rispetto a quanto osservato per la popolazione, mentre è stato più forte l’aumento del peso della classe 50-64 anni. Tale dinamica ha riguardato sia i disoccupati (tra i quali cresce il peso delle classi d’età dai 35 anni in su) sia gli occupati.
La crescita di circa 6 punti percentuali del tasso di attività nel periodo 1993-2022 (fino al 65,6%) è interamente dovuta all’aumento della partecipazione femminile, cresciuta in misura quasi doppia (al 56,5%), mentre il tasso di attività maschile è rimasto sostanzialmente invariato (nel 2022, pari al 74,7%). Più fattori concorrono a spiegare il costante aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e la permanenza anche dopo la maternità.
(Sintesi redatta da: Mayer Evelina)