Per permettere un maggior accesso al lavoro ai giovani, il dibattito politico-sindacale e di governo propone di tagliare a metà i contributi di chi viene assunto a tempo indeterminato e modificare il meccanismo di adeguamento dell’età pensionistica. Ma non si tiene conto nel primo punto, ad esempio, che la disoccupazione tra la fascia di età tra i 15 e i 24 anni ci deve essere, poiché è un’età in cui ci si deve formare e solo successivamente entrare nel mondo del lavoro. Nel discorso legato alle pensioni, rimandare l’adeguamento dell’età legale di vecchiaia alla speranza di vita, previsto al 2019, attaccherebbe la riforma pensionistica, senza garantire l’equità intergenerazionale. Si dovrebbe invece pensare di intervenire sui lavori usuranti e studiare misure ad hoc. Comunque far uscire prima un anziano dal mondo del lavoro non crea automaticamente posti per i giovani, poiché il posto lasciato è diverso dal posto creato, e richiede qualifiche diverse. Così le poche risorse stanziate vengono utilizzate nella formazione per la riqualificazione del personale, mentre invece ci sarebbe bisogno di scuole di qualità che portino a titoli di studio densi di contenuti umanistici, linguistici, tecnici e informatici insieme a una buona cultura di base, capaci di andare incontro alle esigenze del mercato.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)