Siamo assediati da password, pin, codici d’accesso e verifica per Bancomat, siti o servizi on line. Ricordare stanca.
Più che imparare a “ricordare” dovremmo cominciare a “non registrare”. Può sembrare un paradosso, ma sono le conclusioni di uno studio recente effettuato da ricercatori dell’Università di Buenos Aires (Argentina) e dell’Università di Cambridge (Regno Unito) e pubblicato su Nature Communications.
In sintesi, gli studiosi affermano che avere una buona memoria rappresenta indubbiamente un vantaggio. Tuttavia, la quantità di stimoli che riceviamo di continuo è impressionante e, se li ricordassimo tutti, le pur enormi capacità di elaborazione del nostro cervello (che si stima abbia oltre 86 miliardi di neuroni e almeno 150.000 miliardi di connessioni tra neuroni per elaborarle e archiviarle), rischierebbero di essere sopraffatte. Allora, la nostra mente si limita a “non registrare” le informazioni di scarso interesse.
Si tratta, in pratica, di una forma di “dimenticanza”, ben distinta dal semplice “non ricordare”. Si configura come una vera e propria attività che interessa ricordi specifici e che per essere realizzata richiede l’impegno di aree superiori del cervello. Questo tipo di dimenticanza ha un’importante funzione adattativa e si è conservata per milioni di anni. Ricordare significa dimenticare.
L'attuale definizione di memoria, che si riferisce a una modificazione più o meno permanente del comportamento, appare quindi insufficiente. In base alla rapidità con la quale si stabiliscono e alla resistenza all’oblio, infatti, si possono distinguono due tipi di memoria: la memoria a breve termine e quella a lungo termine.
Da numerosi studi scientifici sulla memoria emerge che, questa funzione cognitiva, fondamentale per la vita dell’uomo (ma anche degli animali), è influenzata nel suo funzionamento da numerosi fattori: stanchezza, disidratazione, carenze nutrizionali e vitaminiche, assunzione di farmaci, di sostanze stupefacenti o alcoliche, malattie, trauma cranico, sfasamento dei ritmi circadiani (es. jet lag) e non per ultimo lo stress.
Sullo stress, in particolare, è stato dimostrato che esiste un collegamento tra l’ormone dello stress, il cortisolo, e la perdita di memoria a breve termine e si è visto che quello cronico può ridurre la capacità di memoria spaziale, cioè di ricordare la posizione di oggetti nell’ambiente.
(Sintesi redatta da: D'Amuri Vincenzo)