Nel 2012 il sindaco di Milano Giuliano Pisapia disse: «Chi imbratta o danneggia i muri sa, o dovrebbe sapere, che commette un reato ed è giusto che risarcisca la comunità». Da allora la Procura di Milano ha chiuso 190 procedimenti: a 63 graffitari, Comune e magistratura hanno accordato il percorso di «riabilitazione».
Bisogna considerare che Milano è la capitale del graffitismo vandalico. E per questo ha una squadra investigativa della Polizia locale (Unità tutela decoro urbano) che lavora col metodo statunitense: catalogazione delle tag, indagini in Rete, analisi del traffico telefonico. Per avere una proporzione di questo lavoro: tra 2014 e 2015, 207 writer indagati, 97 perquisizioni, più di 3 mila bombolette sequestrate.
Col tempo s’è visto però che gli indagati erano spesso giovani al primo reato. Così è stato studiato un percorso che l’avvocato Maria Rosa Sala, legale dell’Avvocatura comunale, definisce rivoluzionario nella sua semplicità: "la definizione alternativa del processo con valenza educativa".
Funziona così: dal momento in cui si chiudono le indagini, al ragazzo viene spiegato che, se collabora, sarà messo in contatto con i servizi educativi per un lavoro socialmente utile e solo alla fine, dopo le verifiche, il Comune darà il proprio assenso a un patteggiamento al minimo della pena, con la «non menzione», e la possibilità viene offerta una sola volta.
I writer hanno lavorato anche in centri per anziani e senza tetto. In totale, finora, hanno svolto quasi 11 mila ore di lavoro.
C’è poi l’aspetto educativo, molti giovani comprendono per la prima volta il concetto di impegno verso la comunità.
(Fonte: tratto dall'articolo)