Il calo significativo della memoria, che si verifica durante l’invecchiamento, è in parte collegato al cambiamento delle specie batteriche del microbiota, l’insieme dei microorganismi simbiotici che abita l’intestino umano.
A indicarlo è uno studio internazionale guidato dal team di ricercatori dell’Università di Firenze, coordinato da Claudio Nicoletti e pubblicato sulle pagine della rivista di settore Microbiome. La ricerca, a cui hanno preso parte anche esperti della University of East Anglia e del Quadram Institute Bioscience di Norwich (Gran Bretagna), ha valutato gli effetti di un trapianto di microbiota intestinale, ottenuto da topi anziani, in riceventi giovani.
Secondo Claudio Nicoletti, professore associato di Anatomia umana dell’ateneo di Firenze: “non era però ancora stata dimostrata la diretta influenza delle modificazioni del microbiota legate all'invecchiamento sul sistema nervoso centrale e sulle funzioni cognitive e comportamentali che esso controlla.
In seguito al trapianto, i ricercatori, non hanno notato nei topi giovani alterazioni nei comportamenti legate ad ansia o attività motoria. È stata però riscontrata una significativa riduzione della memoria, in particolare di quella spaziale, legata all'orientamento. Lo svolgimento di alcune analisi ha permesso di collegare questi deficit cognitivi all'alterazione di una serie di proteine dell’ippocampo che giocano un ruolo nella neurotrasmissione e dinamicità sinaptica. Nelle cellule della microglia, che controllano le cellule neuronali, sono stati individuati i segni tipici dell’invecchiamento. Le nostre analisi, prosegue Nicoletti, suggeriscono che, durante l’invecchiamento, la diminuzione di specie batteriche intestinali che producono molecole, come gli acidi grassi a catena corta, importanti per lo sviluppo e il funzionamento del sistema nervoso centrale, siano almeno, in parte, responsabili del declino delle facoltà cognitive.
Lo studio dimostra, inoltre, come il corretto funzionamento dell’asse intestino-cervello sia fondamentale per il mantenimento di importanti funzioni cognitive in tarda età e suggerisce che, almeno per gli esseri umani, gli interventi sulla composizione del microbiota potrebbero limitare i danni dell’invecchiamento sul sistema nervoso centrale”.
(Fonte: tratto dall'articolo)