Il caregiving in Europa, secondo l’European Community Household Panel 2001, è svolto in media per 23 ore settimanali: circa 7 h al giorno di assistenza diretta e 11 h di sorveglianza; per una media di 8/10 anni verso persone anziane non autosufficienti e per tutta la vita nel caso di disabilità congenita grave. Appare evidente come l’essere caregiver incida sul proprio tempo, sul proprio spazio e sule proprie relazioni. Per quanto concerne i giovani caregiver occorre pensare a come l’inversione dei ruoli spiazzi la loro quotidianità e possa indurli ad una rivisitazione dei compiti e delle priorità individuali.
Infatti, ciò che è ordinario per i più diviene straordinario per coloro i quali debbono rivestire un così delicato ruolo. Il contatto costante con il dolore di chi viene assistito impatta emotivamente su chi assiste, generando in quest’ultimo sintomi di varia natura, internalizzanti o esternalizzanti di progressiva invalidanza, quali ansie, timori, affaticamento, stress, ma anche disturbi dell’umore, del sonno e del comportamento alimentare. Tale ruolo a volte può essere subìto, e finisce per essere caratterizzato da una lotta intestina tra amore e risentimento, tra compromessi e rinunce, tra scelte personali di autorealizzazione e altruismo; come veri e propri dilemmi etici.
Nell’Alzheimer, per esempio, la graduale perdita di memoria del malato, la sua incapacità progressiva ed ingravescente di riconoscere l’altro rendono la relazione particolarmente delicata. Si ricorda lo studio del premio Nobel per la medicina nel 2009, Elisabeth Blackburn, che ha dimostrato come i caregiver sottoposti allo stress di curare familiari gravi abbiano un’aspettativa di vita ridotta dai 9 ai 17 anni. Eppure, proprio dal benessere psico-fisico del caregiver dipende quello dell’assistito e da quello di entrambi discende quello della comunità d’appartenenza, compreso il sistema pubblico socio-sanitario di assistenza. I giovani caregiver sono più frequentemente NEET rispetto ai coetanei, ovvero non studiano né lavorano.
Dal Programma Garanzia Giovani si evince come i compiti di cura familiare siano il primo motivo di inattività dei ragazzi italiani tra i 15 e i 29 anni. Una sentenza del Tribunale di Napoli (01/2005) considera l’impegno formativo dei caregiver studenti alla pari di quello lavorativo. La stessa ha infatti chiarito che ai fini dell’ottenimento dei permessi della legge 104/1992 i familiari studenti sono equiparati ai familiari lavoratori anche nei periodi di inattività scolastica. Attualmente, i servizi dedicati in termini generali ai giovani caregiver in Italia sono rari. Occorre sensibilizzare la comunità professionale socio-sanitaria, in modo che possa davvero riconoscere e orientare i giovani caregiver verso gli interventi utili a mitigare gli esiti negativi dell’assistenza.
Insegnanti, docenti, educatori, operatori sociali e sanitari devono essere preparati ad intercettare questi ragazzi, essere consapevoli di potersi trovare di fronte a un giovane caregiver, conoscere le esigenze e le peculiarità che tale condizione implica e tenerne conto, anche valorizzando le sue caratteristiche positive. È fondamentale potenziarne i fattori protettivi e di adattamento, prestare attenzione alla situazione socio-economica nonché alla dimensione del nucleo ed al contesto abitativo e relazionale di ciascuno, nel quale andare ad individuare un prestatore di cure secondario o sostitutivo. Ed ancora, promuovere servizi di prossimità ma anche online, per offrire opportunità di condivisione, informazione, sostegno e svago.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)