Gli effetti del Covid-19 sulla struttura demografica del nostro Paese saranno più chiari solo quando le dinamiche di natalità, mortalità e i flussi migratori torneranno a muoversi sui trend pre-crisi. Sarà una “nuova normalità”, osservano molti analisti, che non cambierà tuttavia la tendenza all'invecchiamento della nostra popolazione, accompagnata da scelte di fecondità sempre meno frequenti. Fra trent'anni, avvertono i demografi, la classe di età modale, vale a dire quella statisticamente più frequente, sarà la 70-74anni.
Le proiezioni Istat precedenti alla crisi sanitaria indicano un calo della popolazione in età lavorativa – identificata per convenzione con i 15-64enni - di circa 9 milioni, e non mancano scenari che peggiorano questo arretramento di altri 1,6-3 milioni. Il risultato è noto: l'indice di dipendenza degli anziani, vale a dire il rapporto tra la popolazione con 65 anni o più e quella in età da lavoro, che nel 2015 era pari al 33,7%, raggiungerebbe il 59,7% tra quarant'anni e probabilmente sarà persino superiore. Una situazione che mina il welfare e il sistema pensionistico.
Il welfare italiano è infatti caratterizzato da una spesa per pensioni che viaggia attorno al 16% del Pil e che assorbe oltre il 66% delle uscite per prestazioni sociali, mentre alla sanità va circa il 22% e all'assistenza l'11%. Sostenere pensioni che verranno riconosciute per lungo tempo ai baby-boomers, che stanno uscendo dal mercato del lavoro in questi anni e che vanno ad aggiungersi a oltre 16 milioni di pensionati, sarà possibile non solo con la tanto auspicabile maggiore occupazione giovanile e femminile, ma anche valorizzando i tanti senior che possono mantenersi occupati fin oltre i 65 anni con contratti flessibili, magari compensando parte della pensione futura con uno stipendio part-time.
Parlando di welfare aziendale bisognerebbe pensare anche a datori di lavoro che sappiano guidare la sfida dell'invecchiamento attivo, continuando a puntare sui loro collaboratori più anziani, magari immaginando per loro mansioni adeguate e capaci di conciliare al meglio i tempi di vita e quelli del lavoro. Tenendo adeguatamente conto che molti di questi lavoratori senior, talvolta già alle prese con i problemi di un figlio in cerca di primo impiego, potrebbero altresì avere un genitore molto anziano da accudire. Non è infatti un mistero che i circa 800mila ultranovantenni del nostro tempo siano destinati ad accrescersi progressivamente sino ad essere più o meno due milioni tra una trentina di anni.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)