Da una ricerca della Harvard University emerge che l’attivazione eccessiva dei neuroni può portare a una diminuzione della longevità.
Gli studiosi hanno analizzato i meccanismi di attivazione e disattivazione dei geni nei tessuti cerebrali donati post-mortem da centinaia di soggetti deceduti tra i 60 e i 100 anni di età. E' emerso che i soggetti più longevi avevano un’attivazione più bassa del normale nei geni collegati all’eccitazione neuronale e alle funzioni delle sinapsi (le connessioni tra diversi neuroni). avevano in sostanza un livello di eccitazione dei neuroni più basso.
A livello molecolare, molta parte dei meccanismi di regolazione del funzionamento neuronale si deve a REST, una proteina che hanno i mammiferi e che agisce come un interruttore. Si è dimostrato che, bloccando l’attività di REST nei topi o delle sue proteine equivalenti nei vermi nematodi ( chiamate SPR-3 ed SPR-4), l’attività neurale aumentava e le cavie morivano in più giovane età. Viceversa se l’attività di REST o delle sue equivalenti aumentava, l’attività neurale diminuiva, e questi animali vivevano di più.
La minore eccitazione neurale attiva a cascata una famiglia di proteine coinvolte nella regolazione della durata della vita, come dimostrato in precedenti studi su molti animali, dagli invertebrati ai mammiferi (negli esseri umani il ruolo di questo via biochimica è ancora controverso). Si tratta delle stesse proteine che si possono attivare con una dieta a basso contenuto calorico.
Questi risultati sui modelli animali hanno trovano riscontro negli esseri umani: le cellule cerebrali esaminate post mortem nei centenari hanno rivelato livelli di REST molto più elevati rispetto a quelli di persone decedute a 60 o 70 anni.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)