Potrebbe essere incostituzionale la norma della legge 219/2017 secondo la quale «in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento» (Dat), l’amministratore di sostegno può «rifiutare, senza l’autorizzazione del giudice tutelare, le cure necessarie al mantenimento in vita dell’amministrato». Il problema della costituzionalità è stato sollevato da un’ordinanza del giudice tutelare del tribunale di Pavia che si è occupato del caso di un beneficiario «in stato vegetativo in esiti di stato di male epilettico», in quanto richiesto di integrare il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno al fine di definire i suoi poteri in ordine al trattamento sanitario.La questione è che se, in assenza di Dat, l’amministratore possa rifiutare le cure necessarie al mantenimento in vita, senza autorizzazione del giudice tutelare. Ebbene, il giudice lombardo ha considerato il carattere personalissimo del diritto alla salute, che non può essere trasferito sull’amministratore. Quindi in assenza di Dat si deve «ricostruire la volontà dell’interessato attraverso il ricorso ad una pluralità di indici sintomatici, di elementi presuntivi, mediante l’audizione di conoscenti dell’interessato o strumenti di altra natura» ma, attesa «la complessità e la serietà di un simile processo di ricerca, si profila come imprescindibile l’intervento di un soggetto terzo e imparziale». Appare quindi incostituzionale l’attribuzione all’amministratore «di un potere di natura potenzialmente incondizionata e assoluta attinente la vita e la morte», non idoneo a «salvaguardare compiutamente la natura eminentemente soggettiva del diritto» di rifiuto «e quindi tale da conferire all’amministratore un potere potenzialmente autonomo di rifiuto delle cure».
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)