Il sindaco di Milano classifica noi donne ultra 50enni come “categoria fragile” ed ipotizza un rientro al lavoro a scaglioni d'età e sancisce i 55 anni come soglia del rischio. Passata quella soglia, potremmo correre il pericolo di ammalarci, visto che è ragionevole pensare che di coronavirus ci si ammali in funzione dell’età.
Nel frattempo, però, la scienza concorda che noi donne, saremmo più resistenti e ci ammaleremmo di meno, complici forse gli ormoni. In realtà, noi donne dai 50 in su, abbiamo pensato finora di essere tutto, meno che fragili come, invece, pensa Beppe Sala. Siamo le donne sandwich schiacciate tra l’accudimento dei figli ancora in casa e quello dei genitori anziani. Siamo spesso caregiver, lavoriamo e ci ritagliamo anche fette di tempo per i nostri interessi.
C’è chi ci chiama “perennial” o “diversamente giovani”. Noi donne siamo una forza lavoro importante ed utile e, se restassimo a casa, il sistema produttivo crollerebbe ed, in prospettiva, diminuirebbe anche la popolazione in età lavorativa. Siamo, infatti, tra i Paesi con la popolazione attiva più anziana d’Europa (prima di noi solo la Germania). In Italia ci sono più 50-64enni che 18-34enni.
Il marketing ci corteggia per assicurarsi i nostri consumi.
Allora, in questo bailamme, c'è da chiedersi: siamo forti quando vi facciamo comodo per "tenere insieme" tutto e sostituire il welfare che non c'è, ma fragili, se dovete venderci prodotti di self care? Forti per tirare avanti il Paese (tra lavoro dipendente e lavoro in nero) ma fragili per tornare a lavorare in comune?
(Fonte: tratto dall'articolo)