Lo straordinario incremento della longevità rappresenta un cambiamento che per rapidità di espansione mette a dura prova la capacità di comprensione e metabolizzazione. I demografi descrivono il fenomeno con tre aggettivi: inedito, incisivo e irreversibile. E dunque in un contesto simile è necessario ripensare l’intero assetto societario non più basato come in passato su 3 generazioni bensì su 5 (bisnonni, nonni, figli, nipoti, bisnipoti), contraddistinte da modelli di vita e culturali diversi.
Il problema dell'anziano solo e non autosufficiente è emerso dall'emergenza canicola del 2003 che ha fatto registrare quasi 10.000 decessi in più tra gli anziani dell'Europa meridionale. Lo sforzo maggiore allora si ridusse nella creazione di un sistema informatizzato di raccolta di dati sanitari per identificare le persone a rischio, evidenziando la tendenza a delegare ai servizi sanitari le questioni sociali.
Ma dal punto di vista sociale il problema degli anziani non autosufficienti non può essere risolto solo creando un sistema di servizi in grado di rispondere ai bisogni sanitari e assistenziali (in sostanza una delega nel tentativo di liberarsi di un problema sociale scomodo, gli anziani non autosufficienti, riconosciuti solo attraverso i loro deficit). Sul piano pubblico si parla di non autosufficienza come di un’entità a se stante, manca la visione della persona nella sua complessità e permane la tendenza a leggere e interpretare riduttivamente vasti fenomeni di cambiamento sociale.
Siamo al paradosso di una società ad alto tasso di invecchiamento che rifiuta di sapere cosa significhi essere vecchio. Eppure solo assumendo un paradigma umanistico della vecchiaia si può rispondere al bisogno prioritario della persona non autosufficiente che non è tanto essere curata e assistita, ma essere riconosciuta, rispettata e accompagnata al termine della vita. Concetti come fragilità e non autosufficienza sono riduttivi: dal punto di vista sociale non hanno alcun valore poiché tutti gli individui sono fragili da soli e nessuno può dirsi pienamente autosufficiente.
Naturalmente nella vecchiaia questi aspetti si radicalizzano, ma non restano sufficienti a designare una generazione. Bisogna sfuggire ad una visione puramente biologica dell’età riportando al centro la persona, intesa come unità costituita attraverso tutte le fasi dell’esistenza e nel suo rapporto con gli altri. Rispondendo così anche all’esigenza di coesione di società sempre più vecchie.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)