In Italia gli infermieri sono pochi e molti risultano essere over 50 (ma anche over 65); sono gravati da turni massacranti che prevedono anche turni di notte e l'impiego nei reparti di emergenza. Hanno scarse garanzie contrattuali e non vengono sostituiti quando vanno in pensione. L’analisi è dell’Ipasvi, sigla che riunisce in federazione “Infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia”. Per rientrare nei parametri di sicurezza, mancano 47mila sanitari; tra il 2009 e il 2014 si sono persi circa 7500 infermieri, in maggioranza al Sud e al Centro Italia dove la Campania con -2102, il Lazio con– 1893 e la Calabria con – 1444, da sole registrano una diminuzione di unità pari al 72,5% del totale. Questo nonostante diversi studi internazionali confermino che con più personale in corsia migliora la sopravvivenza dei ricoverati: infatti se a un solo infermiere vengono assegnati sei pazienti da assistere al posto di 10, la mortalità si riduce del 20%. In Italia la proporzione è di 12 a uno, con punte di 18 pazienti per infermiere: un terzo di quelli necessari per il benessere dei malati. Nell’ultimo studio Cergas-Bocconi viene sottolineato che il 15% degli infermieri non è idoneo a qualcosa per questioni di salute. Altri studi hanno dimostrato che gli errori aumentano di tre volte quando gli infermieri hanno già svolto turni straordinari oltre le 12 ore. A peggiorare il quadro c’è il fatto che il nullaosta della mobilità interregionale, che permetterebbe agli infermieri attivi di ritornare in territori più penalizzati, non viene concesso con facilità. L’Ipasvi suggerisce almeno l’assunzione part-time al 50% di circa 9-10mila unità, e dopo i tagli alla sanità è intervenuta l’Anaao, il maggiore sindacato dei medici ospedalieri, che chiede interventi urgenti per evitare la débacle.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)