La rarefazione del tessuto sociale e la frammentazione dell’offerta assistenziale rappresentano i due elementi chiave da correggere per ricostruire un continuum socio-assistenziale. La prima è la ragione principale dell’aumento dell’isolamento sociale e dell’esclusione, tra i principali fattori di rischio per eventi negativi che colpiscono la popolazione anziana. I cittadini UE over 75 che dichiarano di non avere nessuno con cui poter discutere di questioni personali, sono in media il 9,2%. Un altro indicatore è la progressiva diminuzione della dimensione delle famiglie: la vita da soli è la modalità più frequente ed è quella in più rapida crescita dal 2007, con un picco del 41,4% in Germania.
La frammentazione dei servizi e dei sussidi in UE rende difficile ottenere l’aiuto necessario. Si registra carenza di programmi ICT e strutture informative; resistenza da parte degli operatori sanitari al cambiamento delle pratiche di lavoro e alla cooperazione; alfabetizzazione sanitaria e partecipazione dei pazienti; necessità di nuovi accordi di governance che considerino allo stesso tempo il contesto nazionale, regionale e locale. In molti Paesi UE, l’invecchiamento è spesso associato alla prospettiva dell’istituzionalizzazione, dal canto suo l’OMS sostiene un approccio preferenziale all’assistenza domiciliare. Nel futuro scenario europeo un approccio orientato alla malattia da solo non è più appropriato.
Nasce la necessità di un approccio nuovo allo sviluppo dei servizi assistenziali basato sulla necessità di identificare la popolazione a maggior rischio di eventi negativi, come il declino funzionale, il ricovero, o il decesso, sulla base della valutazione della fragilità bio-psico-sociale. Bisogna diffondere la pratica della valutazione multidimensionale scegliendo una classe di età a maggiore prevalenza di fragilità, ad esempio gli over 80 i quali dovrebbero essere invitati (approccio pro-attivo) a partecipare alle attività di valutazione e quindi indirizzati, in caso di necessità, al servizio più appropriato. Tale approccio prevede l’elaborazione di piani di assistenza individuali che vengono seguiti dai pazienti stessi attraverso il sostegno di operatori socio-sanitari dedicati. A gestire tale processo dovrebbe essere una figura come quella del case manager, che potrebbe essere un familiare o la persona dei servizi assistenziali che ha fatto la valutazione.
Il servizio di Monitoraggio Attivo Territoriale (MAT) dovrebbe ricercare attivamentetutte le persone con più di 80 anni resi-denti in un certo territorio, offrendo loro valutazione, sostegno nelle eventuali necessità ed appunto monitoraggio più o meno frequente a seconda del livello di fragilità. Tale servizio si propone come la porta di ingresso all’assistenza. Si propone un modello di integrazione dei servizi dal basso, con lo scopo di sostituire l’attuale frammentazione con un approccio centrato sulle necessità della persona. Tale modello necessita di un fortissimo impulso allo sviluppo di servizi sociali che assicurino la permanenza al proprio domicilio degli interessati in collaborazione con i servizi sanitari.
La debolezza dell’interlocutore sociale è spesso il punto di crisi di tanti progetti assistenziali che proprio per questo non riescono a fare perno sul domicilio e sulle risorse familiari, che vanno sostenute e non abbandonate a se stesse come troppo spesso avviene oggi o, peggio, sostituite come avviene nel caso dell’istituzionalizzazione. Particolare rilevanza in questo modello è riservata alla collaborazione con il MMG e l’infermiere di comunità.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)