Massimo Ammaniti scrive un elogio della quarta età nel suo nuovo libro La curiosità non invecchia. Lo scrittore indaga sulla fase della vita una volta chiamata «vecchiaia», e che oggi gli americani definiscono later life. Sul tema scarseggia una buona letteratura, tra i saggi c’è Il tempo senza età dell’antropologo Marc Augé, mentre però Augé parla solo di sé, Ammaniti riporta testimonianza di un resiliente gruppo di anziani e anziane d’eccellenza. Dalla lettura del testo si vede quanta strada è stata fatta da quando, nel 1968, Robert Butler coniò il termine«ageism» (pregiudizio o discriminazione in base all’età), e quanta ne resti da fare. Diversi passi sono stati fatti contro i pregiudizi, come lo studio su Science, che suggerisce che la convinzione che le persone anziane siano rigide e incapaci di cambiamento è errata. Non esistono parametri biologici o psicologici in grado di definire in modo preciso chi sia un «vecchio». Fino ad ora in psicologia la old age iniziava a 65 anni, ma con un recente studio epidemiologico (Reynolds, Pietrzak, El-Gabalawy,Mackenzie, & Sareen, 2015) stratifica i «pazienti anziani» in quattro grandi gruppi: young-old (55-64), middle-old (65-74), old-old (75-84),oldest-old (oltre gli 85). Anche se bisogna sempre ricordare che ogni cervello ha sua età (e la sua plasticità). Ammaniti identifica nella curiosità uno dei fattori che tengono in vita il pensiero.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)