Secondo l’ epidemiologo Carlo La Vecchia, una misura di contenimento estrema per gli anziani «in linea teorica sarebbe la migliore, con un impatto economico quasi nullo».
«Per capirlo basta guardare la percentuale dei malati sopra i 65 anni – spiega – il problema è che è inattuabile: in molti casi le forze dell'ordine sarebbero costrette a fermare le persone per strada per verificare l'età dai documenti».
E comunque non uscire, se non per estrema necessità, non è sufficiente: «Gli anziani devono limitare i contatti al nucleo familiare stretto, aggiunge– devono rinunciare a vedere figli e nipoti, o amici, è un sacrificio necessario per salvarsi».
Ma cosa fare con gli anziani che vivono soli, magari non autosufficienti?
«Questo è un aspetto centrale, soprattutto dopo gli 80 anni – avverte il prof. Sandro Bernardini, sociologo– rischiamo di creare situazioni drammatiche, se una stretta di questo tipo non viene accompagnata da un solido sistema di assistenza da parte di enti, associazioni, volontari».
L'impatto sociale di un lockdown generazionale infatti non può essere trascurato, andrebbe organizzato in modo da non abbandonare le persone, garantendo il contatto con il mondo esterno. Piuttosto meglio mettere in guardia gli anziani sui potenziali rischi, come quello di non trovare posto in terapia intensiva.
Ma che paese è quello che dice ai propri anziani che c'è il rischio di non poterli curare tutti e che, quindi, è meglio per loro chiudersi da soli in casa?
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)