Alberto Gigli, novantenne, abita a Arquata del Tronto, uno dei paesi più colpiti dall’ultimo terremoto. Dopo il sisma s’era piazzato nel suo orto, seduto accanto alla moglie Nazzarena come un monaco zen, ripetendo: «Ne ho viste tante, sono fortunato. E qua sto benissimo, sto in paradiso». L’orto era il segno della sua resistenza, di un uomo che sopportava tutto sorridendo. Ora ad Arquata si stanno montando le casette, 57, ma ne serviranno una settantina e si deve trovare altro spazio in cui sistemarle e dove spianare una via di accesso. L’unica via è dentro l’orto di Alberto Giglio. Quindi il sindaco è stato costretto a richiedere un’occupazione temporanea di 60 mesi (5 anni). Le figlie hanno pensato ad un ricorso al Tar ma Alberto serafico dice: «E che vo’ fa? Se serve per il benessere degli altri, tocca darglielo st’orto. Il pecorino (uva) si sposta, i pulcini so’ cresciuti». Al sindaco ha solo chiesto di «rimettere le cose a posto, tra cinque anni, per i figli miei. Mi sa che io non ci sarò, mi sa».
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)