Sami Modiano compie 90 anni, ed ha subito sulla sua pelle le leggi razziali degli anni del fascismo. Nato a Rodi, il 23 luglio 1944, è stato deportato con tutta la comunità ebraica dell'isola ad Auschwitz.
E' tra le poche decine dei sopravvissuti, su quasi duemila deportati. Si ritrova, non ancora quindicenne, solo al mondo, e riesce a riprendere un cammino di vita, prima a Ostia, vicino Roma, poi in Congo belga e infine a Rodi.
Da sempre svolge il ruolo di testimone dei luoghi della deportazione, su cui ha anche scritto "Per questo ho vissuto. La mia vita ad Auschwitz- Birkenau e altri esili" nel 2013 per Rizzoli.
Ora si è fermato per il Covid e resta a casa con Selma, sua compagna di vita. Ma non è abbattuto, infatti dice che «Se mi guardo intorno vedo tanto affetto, una profonda fratellanza. C’è chi ci chiede al citofono cosa vogliamo mangiare, ci porta la spesa o ci offre parte del loro pranzo. Sono persone che conosciamo, che abbiamo conosciuto in questi anni. Ma tanti si offrono, fanno un gesto, tendono la mano. È una sensazione bellissima, un condominio, un palazzo che si ritrova per farsi forza, un segnale che va al di là del tempo mette in relazione generazioni diverse attraversate dalle stesse paure».
Gli mancano i rapporti con i ragazzi, e, nonostante le tante telefonate che ogni giorno riceve, non vede l'ora di poter "riprendere un cammino interrotto".
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)