È stato recentemente presentato l’Osservatorio Censis-Tendercapital sulla “silver economy” dal titolo “La silver economy e le sue conseguenze nella società post Covid-19”.
La ricerca nasce con lo scopo di individuare le conseguenze che ha avuto, e sta ancora avendo, la pandemia sulla fascia della popolazione over 65.
Lo studio è rivolto a comprendere se la situazione presente al momento può e deve considerarsi solo temporanea e se dunque la Silver Economy possa ancora essere considerata ancora un valore come ai tempi del pre lockdown, o se qualcosa sia effettivamente cambiato.
L’ottimismo per il futuro degli over65
Il primo dato sorprendente, riguarda una visione del futuro ‘positiva’ da parte degli anziani.
Questi, infatti, nonostante la terribile situazione vissuta nelle Rsa, la perdita di amici e congiunti e il timore per la loro stessa salute, si dichiarano ottimisti sulle possibilità di ripresa del nostro Paese per il 20,9%.
Al contrario dei più giovani, i cui dati parlano di un esiguo 4,9% .
La conferma di ciò anche nella sfera più ‘privata’dell’esistenza: il 32,8% dei longevi si dichiara ottimista pensando al proprio futuro e a quello della propria famiglia, in controtendenza con il 10,4% dei millennials (coloro che sono tra i 23 e i 39 anni)e il 18,1% degli adulti.
Questo atteggiamento si può spiegare con la tenuta economica. Infatti, anche durante i momenti di crisi più acuta, il 90,7% di loro ha continuato a percepire lo stesso reddito del pre lockdown, di contro al 44,5% tra i millennials ed al 45% tra gli adulti.
Addirittura, si dichiara preoccupato sui propri risparmi solo il 46,7% degli over 65, mentre tra adulti e giovani le percentuali si aggirano intorno al 60%.
Certo, tra gli aspetti che , al contrario, hanno pesato sulla condizione anziana troviamo la rinuncia alla cura estetica di sé (per il 50,7%); viaggiare (per il 38,3%); frequentare cinema e teatri (per il 26,7%); partecipare ai riti religiosi (per il 41,3%).
Dunque si intuisce che i longevi – sul fronte di redditi, patrimoni, consumi, stili di vita e valori – rimangono un motore forte della collettività, confermandosi soggetti attivi ed economicamente forti della silver economy.
Il rischio di una ferita intergenerazionale
Ma questa visione tutto sommato positiva della terza età fa da contrasto alle risposte fornite dai più giovani.
Qui il quadro si rovescia. Il malessere vissuto dalla generazione dei millenials viene rivelato da quel 49,3% che ritiene che nell’emergenza sia giusto che i giovani siano curati prima degli anziani.
Il 35% dei più giovani, addirittura, è convinto che agli anziani sia destinato un eccesso di spesa pubblica (pensioni e salute) a loro danno.
Questo atteggiamento di contrasto si può spiegare con la caduta del reddito per le fasce under 65, che ha segnato i millennials con il 44,5% e gli adulti al 45%.
Tuttavia definisce un quadro di ‘rancore’ intergenerazionale, che rischia – se non adeguatamente curato – di portare all’insorgere di una vera e propria ferita sociale.
Naturalmente è compito del governo prevedere interventi pubblici che anzitutto accrescano il livello occupazionale , senza trascurare interventi strutturali nell’ambito della sanità.
Il virus non ha colpito solo gli anziani
Dal rapporto emerge un altro fatto inedito: non esiste un rapporto diretto tra una elevata presenza di popolazione anziana e un altrettanto elevato indice di contagio.
Infatti, confrontando i dati interregionali risulta che una provincia come Cremona, al primo posto per tasso di contagio, si trova al 45° posto della graduatoria per anzianità.
Osservazioni analoghe possono essere fatte per altre realtà, come Piacenza, mentre, al contrario, la provincia di Savona (prima per anzianità) si colloca al 30° posto nella graduatoria per contagio, seguita da Biella.
In conclusione, il rapporto può rappresentare per la politica una carta da giocare nell’immediato futuro per adottare scelte più rispondenti alle nuove esigenze emerse a seguito della pandemia, sviluppando un nuovo modello di welfare.
(Fonte: Il Giornale delle PMI)