L’atrofia vulvovaginale, a causa dell’imbarazzo, è un disturbo di cui non si parla nemmeno con la ginecologa. Lo si crede una condizione inevitabile mentre ci sono molti trattamenti che si possono fare. Negli ultimi tempi si parla più complessivamente di sindrome genitourinaria della menopausa, così da indicare tutti i sintomi che interessano la zona e che interessano circa la metà delle donne in menopausa, e nelle donne nella fase post-partum o in coloro che usano pillole anticoncezionali a bassissimo dosaggio ormonale. I medici che ne parlano con le loro pazienti sono pochi, come emerge dallo studio europeo Revive, che mostra come su oltre 3700 donne in Italia, Germania, Spagna e Regno Unito solo il 10% dei medici ha introdotto l’argomento con le pazienti. Mentre invece le soluzioni ci sono e possono essere modulate per le singole pazienti: soluzioni locali con creme e gel idratanti, a base di acqua, acido ialuronico, vitamina E e colostro, ovuli, anelli e creme a base di estrogeni, per il rilascio localizzato di ormoni. O terapie orali che fungono da regolatori dei recettori per gli estrogeni e agiscono solo sui tessuti genitali. Sono ancora suggerite con cautela le terapie fisiche, radiofrequenza o laser, che spingono alla produzione di nuovo collagene tramite il riscaldamento del tessuto. Poi ci sono gli esercizi di allenamento per i muscoli del pavimento pelvico con gli esercizi di Kegel, e soprattutto l’attività sessuale, che quando è frequente aiuta a mantenere più elastici i tessuti.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)